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Uniti contro il fascismo. Bene, ma non ci si fermi qui

L’elemento politico più immediato, alla manifestazione antifascista di Como, arrivava dal colpo d’occhio: centinaia di bandiere, le più diverse, a sancire l’unitarietà della giornata. Dal Partito Democratico a Rifondazione Comunista, i sindacati, l’Arci, l’Anpi, le associazioni, a cominciare da “Como senza frontiere” che ha subito l’irruzione squadrista del Veneto Fronte Skinhead.

Una manifestazione unitaria come probabilmente non se ne vedranno più, almeno per molto tempo, dato che la campagna elettorale sta iniziando e le forze politiche che erano a Como si presentano divise e in contrapposizione dura tra di loro.

Su questo tema, per fortuna, non è così.

Le contestazioni al Governo non sono mancate, per la politica sull’immigrazione e gli accordi con la Libia. I cinque ministri sul palco –Pinotti, Orlando, Del Rio, Martina, Fedeli– le hanno sentite. Nessuna polemica, invece, con Renzi, accusato da alcuni nei giorni scorsi di aver voluto la manifestazione antifascista per un calcolo in vista del voto, da altri di pensare ad accordi con Berlusconi, il quale i voti della destra estrema li raccoglie. Il segretario del Pd c’era ed è rimasto silente, così come la presidente della Camera, Laura Boldrini, la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, e tutti i politici sul lungolago. Erano quasi tutti del Pd ma le divisioni, per un giorno, sono state messe da parte. L’antifascismo non è del Pd o di qualche altro partito, l’antifascismo è di tutti gli antifascisti e il momento richiede risposte ferme da parte di ciascuno.

Una manifestazione, per quanto riuscita, non basta. Servono reazioni della magistratura e del Governo contro le azioni squadriste. Serve una risposta non ambigua alle parole d’odio contro i migranti. Serve educazione nelle scuole: i giovani a Como erano tanti ma i liceali spiegavano che nelle classi le idee di destra si diffondono con facilità.

Solo nelle ore che hanno immediatamente preceduto e seguito il presidio comasco ci sono state cinque aggressioni fasciste. A Parma due immigrati sono stati picchiati e insultati con frasi razziste da un gruppo di ragazzi. A Forlì militanti di Forza Nuova hanno preso a bastonate un gruppo di antifascisti. A Bergamo è stata assaltata nella notte la sede di un centro sociale, coi fascisti fuggiti di fronte alla reazione di chi era dentro. A Verona uomini sono entrati in un centro di accoglienza per migranti e hanno picchiato due richiedenti asilo. A Udine la sede di un circolo Arci è stata imbrattata con svastiche e croci celtiche.

E’ un’emergenza grave, alimentata dal comportamento di parte della politica istituzionale, che dà forza e copertura ai gruppi fascisti, a cominciare da Salvini le cui parole somigliano in tutto e per tutto a quelle dei gruppi di estrema destra quando si tratta, ad esempio, di immigrazione.

Il centrodestra ha un problema molto serio, fatica a prendere le distanze. Il sindaco di Como, vicino alla Lega, non ha aderito alla manifestazione e non ha nemmeno mandato il gonfalone della città

(foto di Andrea Butti – La Provincia di Como)

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

    Pubblica - 03-12-2025

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    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    A cura di Diana Santini

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    Sguardi, opinioni, vite, dialoghi al microfono. Condotta da Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

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    L’inquietudine della provincia nel film “Ferine”, in concorso al Noir in Festival

    Trattandosi di un film horror si può raccontare poco. Ferine di Andrea Corsini si sviluppa intorno ad Irene, una donna che desidera una figlia ma nello stesso tempo è costretta a difendersi da chi la ostacola. In seguito a un incidente, la donna va in cerca di sangue per sopravvivere. Il tutto si svolge in un paesaggio vuoto e deprimente: “Cercavo una provincia in cui si respirasse solitudine e isolamento, come la villa di architettura brutalista e il centro commerciale esternamente vuoto. Il cemento da una parte e dall’altra le zone boschive, in cui si scatena l’aspetto selvaggio della storia”. Spiega Corsini, che nel film ha ricreato delle atmosfere che ogni tanto ricordano David Lynch, accompagnate dalla musica di Pino Donaggio: “È sempre stato il mio sogno, ma non avrei mai pensato di riuscirci. Non ho dovuto dirgli quasi niente per arrivare a questo risultato”. Un film prevalentemente femminile, con attrici internazionali che recitano in inglese e in cui gli uomini hanno soltanto parti in secondo piano. L'intervista di Barbara Sorrentini ad Andrea Corsini.

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    Paolo Bergamaschi, già Consigliere Politico Commissione Esteri Parlamento Europeo, analizza lo scontro Europa-Russia, tra minacce e timidi segnali di dialogo. Francesco Vignarca, ricercatore e analista della Rete Pace e Disarmo, racconta l'impatto del piano di riarmo sulla politica dell'Unione, trainato dall'industria e soprattutto dalla finanza. Le mobilitazioni dei lavoratori dell'Ilva non si fermeranno finché i patti non saranno rispettati, perché nessuno comprerà gli stabilimenti se non ci saranno prima degli interventi, come ci spiega Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil. Giulia Riva giornalista e nostra collaboratrice racconta la giornata internazionale delle persone con disabilità a partire dai dati sul lavoro dove le donne con disabilità sono ancora più penalizzate degli uomini (mentre in Lombardia le aziende preferiscono pagare 82 milioni di multe che assumere persone dalle categorie protette) e poi da atleta paralimpica lancia una sfida alla città di Milano che il lascito delle Olimpiadi invernali in partenza a febbraio sia almeno concretamente utile.

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