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Alta tensione in Corsica dopo la morte di Yvan Colonna

Yvan Colonna

L’indipendentista corso Yvan Colonna è morto lunedì sera a Marsiglia, dopo tre settimane di coma. Il 2 marzo scorso era stato aggredito nel carcere di massima sicurezza di Arles, dove scontava l’ergastolo, da un suo co-detenuto che lo ha strangolato mandandolo in arresto cardiaco.

La notizia aveva provocato manifestazioni e scontri in tutta la Corsica, costringendo il Ministro dell’Interno a un viaggio sull’isola in pieno periodo pre-elettorale. Per cercare di calmare le acque, Darmanin si è spinto fino a rimettere sul tavolo l’annosa questione dell’autonomia.

Per lo Stato francese Yvan Colonna, che aveva 61 anni, era senza ombra di dubbio l’assassino del prefetto Claude Erignac. Condannato in tre processi successivi, è stato identificato come l’uomo che la sera del 6 febbraio 1998 sparò tre colpi alla schiena e alla testa del prefetto nel centro di Ajaccio. Ma per i corsi, Yvan, che si è sempre dichiarato innocente, era un prigioniero politico e un’icona. Un simbolo contro un potere ingiusto e prevaricatore che ne aveva fatto un capro espiatorio.

Questa dicotomia traspare anche dal soprannome “il pastore di Cargese”, con cui è diventato famoso nei quattro anni in cui era il latitante numero uno. Visto da Parigi, era un nomignolo un po’ paternalista. Ma in Corsica “pastore” è sinonimo di uomo libero. Sin dal primo processo il suo nome ha tappezzato i muri dell’isola e nel corso degli anni il suo statuto di ribelle, di martire della causa corsa, ha ispirato le nuove generazioni di militanti indipendentisti. Non è un caso che le manifestazioni delle ultime settimane abbiano visto una fortissima partecipazione dei giovani, per cui Yvan Colonna condensa tutti i motivi di rancore verso lo Stato centrale.

In questo contesto è comprensibile che le prime dichiarazioni politiche dopo l’annuncio della morte dell’indipendentista siano state degli appelli alla calma. Emmanuel Macron ha assicurato che “verranno tratte le conseguenze” da quello che è successo e ha salutato lo “spirito di responsabilità” degli amministratori locali. Gilles Simeoni, presidente autonomista della regione ed ex avvocato di Yvan Colonna, ha twittato che la morte del “patriota corso” è un’ingiustizia e una tragedia “che segnerà la storia della Corsica e del suo popolo” ma ha ricordato che è l’ora del lutto e del raccoglimento, come chiesto dalla famiglia.

Nella notte di lunedì diverse persone si sono ritrovate ad Ajaccio e Bastia per delle veglie improvvisate ma, a parte qualche petardo, non ci sono stati scontri. Martedì mattina gli studenti hanno bloccato i licei e hanno manifestato silenziosamente mentre anche l’università di Corte chiudeva temporaneamente le porte e le bandiere del consiglio regionale venivano messe a mezz’asta. Aspettando di sapere quando e dove si terranno i funerali e di conoscere i primi risultati dell’inchiesta in corso sulla dinamica dell’aggressione, la tensione però rimane altissima.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Kei Pritsker, regista con Michael T Workman del documentario “The Encampments”, racconta ai microfoni di Radio Popolare i retroscena della protesta studentesca pro Palestina alla Columbia University. “Gli studenti della Columbia protestano da anni per la Palestina e per ottenere che l’università dismetta gli investimenti in Israele – spiega Pritsker. L’università ha un ingente fondo di dotazione che investe in ogni sorta di attività, molte delle quali riguardano aziende produttrici di armi, aziende manifatturiere che realizzano armamenti, motori per elicotteri, bulldozer e ogni tipo di attrezzatura utilizzata in queste operazioni”. “The Encampments” fa parlare i ragazzi e le ragazze di questo movimento studentesco che dall’aprile del 2024 ha montato le tende nel giardino del Campus per chiedere trasparenza, il ritiro del denaro dagli investimenti israeliani e l’amnistia per gli studenti puniti per le proteste. “Chiunque creda ancora a questa narrativa sull’antisemitismo nel movimento per la Palestina dovrebbe semplicemente guardare il film – assicura Kei Pritsker”. Al momento “The Encampments” ha una distribuzione indipendente che lo diffonde nei cinema più coraggiosi. L'intervista di Barbara Sorrentini per la trasmissione Chassis.

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