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Addio a Paolo Benvegnù

Paolo Benvegnù è morto. La notizia è arrivata all’improvviso, come un’ultima, bruttissima sorpresa dell’anno al tramonto. Un anno, il 2024, che gli aveva portato la soddisfazione del premio Tenco per il suo “ È inutile parlare d’Amore” come miglio disco in assoluto.
Benvegnù aveva 59 anni, e solo ieri sera era stato ospite di Stefano Bollani nella trasmissione Via dei Matti n.0.

Dopo aver attraversato gli anni ‘90 negli Scisma, aveva iniziato la sua carriera solista nel 2004 con “Piccoli Fragilissimi Film”, disco che ha ripreso in mano proprio nell’ultimo periodo facendone uscire una versione ricca di collaborazioni provenienti dalla scena musicale italiana in occasione del suo ventennale. È stata proprio questa l’occasione che lo ha portato l’11 ottobre scorso per l’ultima volta nei nostri studi, dai quali negli anni è transitato molte volte. Incontrarlo era sempre bello, sia artisticamente che umanamente. Trasmetteva la stessa sensazione di accoglienza che hanno sempre trasmesso i suoi brani, e possedeva una profondità che riusciva a condividere con dolcezza e semplicità davvero fuori dal comune.

Nato a Milano e trasferitosi poi a Perugia, Paolo Benvegnù è sempre stato un osservatore profondo del tempo, della vita e dei modi che hanno le persone di attraversarla. Raccontava il suo percorso personale scovandone elementi universali, alternando la sua matura e talentuosa vena cantautorale alla sua passione per la New Wave britannica. Intervistarlo era facile. Se facendo questo mestiere si ha sempre l’attenzione di mettere l’ospite a proprio agio, con lui era il contrario. Era lui a farti sentire accolto, il che facilitava l’impostazione di una discussione allo stesso tempo profonda e rassicurante. Come l’abbraccio, sempre caloroso e mai formale, con il quale salutava. Lo stesso abbraccio che in queste ore Radio Popolare rivolge alla famiglia, dalla quale abbiamo appreso questa triste notizia.

  • Autore articolo
    Matteo Villaci
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    Il Maestro, caduta e rinascita di un ex divo del tennis nella Roma degli anni ‘80

    Raul Gatti è un ex campione del tennis caduto in disgrazia, alcolista e disoccupato, interpretato da Pierfrancesco Favino nel film Il Maestro: “Ho seguito il tennis fin da ragazzo e mi sono subito affezionato a questo personaggio perdente, il più fallito che ho interpretato nella mia vita. Perché anche quelli che ho rappresentato in passato, per quanto fossero decaduti, avevano comunque un atteggiamento da vincenti”. Siamo negli anni ‘80 e Gatti viene assoldato per allenare un giovanissima promessa, Felice Milella, un ragazzino di 13 anni con i numeri per partecipare ai match più prestigiosi. Il regista Andrea Di Stefano aveva questo progetto nel cassetto molto prima che il tennis tornasse ad essere uno sport di moda: “Ho scritto questa sceneggiatura nel 2006, l’ho depositata e abbiamo le prove – ironizza il regista. Doveva essere il mio primo lungometraggio, prima ancora di realizzare L’ultima notte di Amore, con Pierfrancesco Favino, a cui avevo già pensato allora per questo personaggio di divo decaduto”. L'intervista di Barbara Sorrentini al regista Andrea Di Stefano e a Pierfrancesco Favino.

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