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A Twitter piace la destra

Twitter Destra

L’algoritmo va verso destra. Lo ha reso noto Twitter, ammettendo che sulla sua piattaforma social vengono amplificati più i contenuti di politici o di organi di informazione di destra rispetto ai contenuti di fonti di sinistra.

Il social network guidato da Jack Dorsey ha pubblicato sul proprio sito i risultati di una ricerca interna sul proprio sistema informatico di base – tra machine learning e algoritmi. L’obiettivo della ricerca era quello di capire come questi meccanismi impattassero realmente sulla conversazione online, e quindi poi anche su quella offline.

Sono stati analizzati i tweet di politici eletti in sette paesi: Canada, Francia, Germania, Giappone, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. E in sei paesi su sette, tutti tranne la Germania, i risultati sono quelli che dicevamo: i tweet pubblicati dai politici di destra ricevono un’amplificazione maggiore dall’algoritmo di Twitter rispetto a quelli pubblicati dai politici di sinistra.

Questo accade nella visualizzazione del social basata sugli incroci degli algoritmi appunto, preferita dai suoi oltre 200 milioni di utenti rispetto alla visualizzazione su base cronologica dei contenuti. La ricerca ha poi rilevato che lo stesso vale anche nel caso delle testate giornalistiche più orientate verso destra, che nel flusso delle notizie condivise sulle piattaforme, ottengono spesso maggior risalto. La discrepanza più forte tra contenuti di destra e quelli di sinistra è stata rilevata in Canada, seguita poi dal Regno Unito.

Rumman Chowdhury, direttrice del META, il team di Twitter che sintetizza – in un acronimo – il lavoro di ricerca sul machine learning, sull’etica, sulla trasparenza e sulla responsabilità della piattaforma, ha definito il rapporto come la rivelazione del “cosa, non del come”. Ed è proprio il come e quindi il perché questa distorsione verso destra avvenga il punto centrale, ancora da scoprire. Ci vorrà ancora tempo, dicono da Twitter. “Il perché si verifica questo disequilibrio può essere anche un prodotto delle interazioni tra le persone, con le loro diverse preferenze, e la piattaforma”. Ma questa cosiddetta amplificazione algoritmica che di fatto è alla base del funzionamento del social network, dicono i ricercatori, “non è problematica di per sé, ma lo diventa se sorge un trattamento preferenziale in funzione di come l’algoritmo è costruito, rispetto alle interazioni che le persone hanno con esso”. Se, in altre parole, è la macchina – il machine learning – che ha la meglio sugli utenti.

Questo tentativo di “autoanalisi” di Twitter arriva poco dopo le rivelazioni della whistleblower di Facebook, Frances Haugen, sui meccanismi distorti delle piattaforme di Zuckerberg. È quindi ormai evidente che la partita tra i colossi del mondo del web si gioca su equilibri sempre più precari, che mettono in luce le contraddizioni nei loro meccanismi tecnologici di base e il ruolo di queste piattaforme, oggi, nella società.

di Simonetta Poltronieri

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    Società Civile per il No. È nato il comitato, promosso da vari esponenti della società civile, da sindacati, associazioni e realtà democratiche, che sostiene le ragioni del No al referendum costituzionale sulla riforma della Giustizia del Guardasigilli Carlo Nordio. Presieduto da Giovanni Bachelet, il comitato ha nel direttivo nomi importanti come il segretario della Cgil Maurizio Landini, la presidente di Libertà e Giustizia Daniela Padoan e l’ex ministra Rosy Bindi. I principali punti del comitato vertono sul fatto che una magistratura autonoma, indipendente, che non guarda in faccia a nessuno sia una cosa che conviene ai cittadini. Il prossimo 10 gennaio a Roma si terrà la prima assemblea generale, per la partenza della campagna referendaria, che vedrà la nascita di comitati territoriali in tutta Italia per lanciare una campagna informativa sulle ragioni del No. “Riteniamo che sia una battaglia per evitare che venga minato un principio fondamentale della nostra democrazia”, ha detto Rosy Bindi, che fa parte del direttivo del comitato, nella nostra trasmissione Radio Sveglia. L'intervista di Alessandro Braga.

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