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A Hong Kong negato lo scalo a una portaerei USA

La Cina ha vietato alla portaerei statunitense Stennis di fare scalo nel porto di Hong Kong. La nave arrivava dalle Filippine con altri vascelli della flotta militare di Washington dove era stata visitata, il 15 aprile, dal segretario alla Difesa Ashton Carter, proprio mentre stava salpando per acque contese tra Manila e Pechino. Proprio a Manila, Carter aveva anche proclamato che il suo Paese si schiera risolutamente al fianco delle Filippine contro le “intimidazioni”, senza citare la Cina per nome.

Insomma, al dispettuccio americano è corrisposto quello cinese, con la Difesa di Pechino che specifica ora che l’approdo di navi statunitensi a Hong Kong viene valutato caso per caso e non spiega perché in questo caso il permesso sia stato negato.

Nei giorni scorsi i media cinesi avevano enfatizzato come la visita di Carter acuisse le tensioni territoriali nell’area invece di risolverle. La scorsa settimana, il Comando del Pacifico degli Stati Uniti aveva inviato sei aerei da guerra – A-10 Thunderbolt – nei pressi dell’atollo di Scarborough, che la Cina occupa, ma che Manila rivendica. In quell’occasione, il ministero della Difesa cinese aveva espresso preoccupazione.

Non è la prima volta che la Cina rifiuta lo scalo a navi da guerra degli Stati Uniti. Nel dicembre 2007, Pechino rifiutò l’approdo a Hong Kong di un’altra portaerei, la Kitty Hawk, dopo che Washington aveva annunciato un accordo missilistico con Taiwan e dopo che presidente degli Stati Uniti George W. Bush aveva incontrato il Dalai Lama. Alla Kitty Hawk fu poi permesso di attraccare nella città cinque mesi dopo, nell’aprile 2008, dopo che le relazioni militari erano tornate alla normalità.

Un osservatore cinese dell’università del popolo di Pechino, Shi Yinhong, ha detto che la portaerei Stennis è diventata un “simbolo dei tentativi di innescare tensioni strategiche tra Cina e Stati Uniti”. E aggiunge che se non ci fossero esigenze di sicurezza, questi scali di routine non sarebbero cancellati. Il che lascia intendere che Pechino ne faccia addirittura una questione di sicurezza nazionale, termine poco chiaro con cui ultimamente il governo cinese mette il cappello a tutta una serie di problemi, da quelli finanziari al controllo su internet. Figuriamoci quindi nel caso di una portaerei statunitense che pattuglia il mar cinese meridionale in funzione anticinese. Più che alla sicurezza, bisogna invece forse guardare a un gioco di messaggi trasversali reciproci molto ma molto simbolici.

  • Autore articolo
    Gabriele Battaglia
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