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A destra lo spot di Esselunga è l’occasione per attaccare il divorzio

spot di esselunga pesca reazioni destra

Situazione sui social dopo lo spot di Esselunga: a sinistra divisi e frammentati. A destra compatti.
Situazione tra i politici: a destra compatti. Tra le opposizioni qualcuno critica, tipo Bersani o Fratoianni. Schlein prova a smarcarsi: “lo spot? Non l’ho visto”. Calenda fa il terzista e dice “parliamo delle cose serie” (Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?).
In effetti sarebbe meglio parlare delle cose urgenti, dell’economia, del lavoro, dell’inflazione. Del caro vita. Ma i politici questo hanno fatto oggi e allora bisogna chiedersi perché lo hanno fatto. Soprattutto è importante comprendere il messaggio che è arrivato da destra: viva la famiglia tradizionale. I bambini soffrono quando mamma e papà si separano. Quindi, abbasso il divorzio.
“Chi odia bambini e famiglia ovviamente si è infuriato”. Lo ha scritto il capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia, Lucio Malan commentando lo spot.
Meloni ha definito lo spot “molto bello e toccante”.
Molto più esplicito lo stratega dei social di Meloni, Tommaso Longobardi, che posta il pensiero della giornalista Raffaella Frullone: “Ci sono cose che non si possono dire, neanche lasciare intuire, meno che meno mostrare. Uno di questi è la speranza di un bambino di tornare a vedere i suoi genitori insieme. Un desiderio fisiologico, legittimo, ovvio, persino banale. Ma che non deve essere mostrato o raccontato perché tocca un dogma della società contemporanea, il divorzio”.
Ed è significativo quanto ha scritto Salvini:
“Come fa certa gente a insultarlo e deriderlo solo perché non narra il “modello” che vorrebbero loro?”
Bravo Salvini, e bravo Longobardi, a svelare il non detto: il problema è il divorzio.
C’è un modello culturale che a destra hanno letto nello spot di Esselunga, il modello della famiglia unita che quando si sfascia genera enorme dolore soprattutto nei bambini e per questo sarebbe meglio non si sfasciasse mai. Una non dichiarabile, almeno in maniera esplicita e fino a oggi, nostalgia per il passato in cui il divorzio non c’era. Un passato in cui non solo il divorzio non c’era ma i generi erano due e l’egemonia era dei bianchi e cattolici e ovviamente eterosessuali, e la famiglia fondata sul matrimonio era il cardine indissolubile della società. Un passato che qualcuno vorrebbe tornasse. Per ora, questa Italia nostalgica si limita alla speculazione politica su uno spot televisivo.
Per la destra questo spot è affare terribilmente serio. È una sorta di rivincita culturale. È un poter affermare finalmente “avete visto? La modernità è il male”. Nella Milano di Sala e del centrosinistra, poi. Doppia rivincita.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Il trumpismo fa paura. L'autoritarismo trumpista ancora di più. A Pubblica la prima sintesi degli incontri alla Casa della Cultura di Milano per il ciclo "Autoritarismi in democrazia" (Osservatorio autoritarismo, Università Statale Milano, Libertà e Giustizia, Castelvecchi) di cui Radio Popolare è media partner (qui il programma https://www.libertaegiustizia.it/2025/11/21/autoritarismi-in-democrazia/). Ospite del primo incontro (22 novembre 2025) la filosofa Chiara Bottici, della New School for Social Research di New York. «Il clima negli Stati Uniti – ha raccontato la filosofa - è estremamente allarmante, estremamente preoccupante. Quando parlo di neofascismo non è un'esagerazione, non è un modo per dire "questi sono cattivi, Trump è autoritario"».

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