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47Soul, quattro palestinesi nell’East End di Londra

Il nome del gruppo, così come il termine che hanno coniato per identificare la loro formula musicale, nonché il titolo del loro album appena pubblicato, sono tutto un gioco di riferimenti alla storia e alle vicissitudini della Palestina. 47Soul è un gruppo di electro-hip hop nato nel 2013. A formarlo sono stati dei musicisti di diverse provenienze ma tutti di origine palestinese: chi di Amman in Giordania, chi di Ramallah in Cisgiordania, chi della Galilea, chi della diaspora negli Stati Uniti. Le difficoltà derivanti dall’avere passaporti diversi li hanno spinti, per sviluppare il loro sodalizio, a trasferirsi a Londra, dove il loro crossover di grande vivacità ed effetto, e di grande presa dal vivo li ha portati in questi anni ad affermarsi fra i gruppi arabi di punta sul piano internazionale, come un altro storico gruppo hip hop palestinese, i Dam.

Il 47 del nome dei 47 Soul evoca l’ultimo anno prima della proclamazione dello stato di Israele e della prima guerra arabo-israeliana: l’ultimo anno prima che i palestinesi venissero chiusi in rigidi confini, privati di buona parte della loro terra e molti di loro costretti all’esilio: l’ultimo anno prima che la nascita di Israele facesse definitivamente tramontare l’organicità di quella che storicamente era stata la Grande Siria, corrispondente agli odierni Siria, Libano, Giordania, Palestina e Israele. Il nome arabo della Grande Siria è Bilad al Sham: e i 47Soul hanno scelto di chiamare ShamStep la combinazione musicale senza confini a cui si dedicano, che mescola delle forme di musica popolare come dabke palestinese e choubi irakeno, musica araba e pop, hip hop ed elettronica, arabo e inglese mischiati in testi che non mancano di humour.

47soul

Il titolo del loro album appena pubblicato dall’etichetta britannica Cooking Vinyl è Balfron Promise: la Balfron Tower è l’edificio dove i 47Soul hanno trovato alloggio a Londra, una torre di ventisei piani in un’area di case popolari nell’East End della capitale britannica, una zona sfavorita che è spesso servita fra l’altro come scenario per clip di band come gli Oasis. A partire dal 2010 è stata avviata una operazione di ristrutturazione della torre, costringendo gli abitanti a sloggiare senza impegni su quando avrebbero potuto rientrare nei loro appartamenti. Questo episodio di gentrificazione ha ricordato al 47Soul la storia del loro popolo, con la questione del “diritto al ritorno”, ma li ha anche fatti riflettere su come siano tante le situazioni di esclusione, deprivazione, violenza che hanno delle affinità con quelle patite dal popolo palestinese: li ha fatti riflettere su come – in altre parole – la condizione dei palestinesi sia l’emblema di un mondo basato sull’ingiustizia. Così il titolo, Balfron Promise, è anche un’allusione alla dichiarazione Balfour, con cui un secolo fa il governo britannico affermò di vedere con favore la creazione di un “focolare ebraico” in Palestina.

https://www.youtube.com/watch?v=e0aPuIpOAoc

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

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    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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