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Il progetto Buena Vista Social Club ha compiuto 25 anni. Intervista a Nick Gold, produttore di un disco senza tempo

bena vista social club

Lo scorso 17 settembre, in occasione del 25° anniversario del disco che ha fatto scoprire al mondo intero artisti come Compay Segundo, Omara Portuondo, Ibrahim Ferrer, Rubén Gonzales, Eliades Ochoa e tanti altri… Fu pubblicato dall’etichetta discografica indipendente World Circuit Records, il cui direttore era (ed è) Nick Gold. La sua gestione ha come motto: “Penso che se ami qualcosa, c’è la possibilità che lo faccia anche qualcun altro”. E’ stato lui ad aprire il mercato tipicamente di nicchia della cosiddetta “world music” a un vasto pubblico con gli album del grande musicista maliano Ali Farka Touré, della dance band di Dakar “Orchestra Baobab” e, soprattutto, con il Buena Vista Social Club – guidati dalla canzone di successo globale “Chan Chan” – e un flusso di registrazioni successive dei singoli artisti cubani che avevano partecipato a quel lavoro. Gold ha spesso riconosciuto il suo disagio nell’usare il termine “world music”, un nome marginale per una moltitudine di suoni internazionali, sotto il quale i dischi da lui prodotti hanno avuto un successo commerciale senza precedenti.

Nell’intervista che gli abbiamo fatto, in occasione dell’uscita di una edizione dell’album originale rimasterizzato, oltre a tracce inedite dai nastri originali delle session del 1996, ci racconta come è stato assemblato il dream team del Buena Vista Social Club e la storia di quelle registrazioni. Del perché, oltre alla mitica Omara Portuondo, non ci sono altre donne. E perché canzoni bellissime come “Vicenta” e “La pluma”, due degli inediti pubblicati oggi, erano state eliminate dall’album originale… Infine risponde a questa domanda: “Alla fine del secolo scorso il successo della world music è stato determinante per rompere ”imperialismo del suono anglo-americano. Da allora ad oggi questi due suoni si sono intrecciati (si pensi all’hip hop e alla trap africana). Qual è oggi lo stato di salute della musica non anglo-americana?”

 

A cura di Claudio Agostoni e Matteo Villaci

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