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Porti aperti all’Aquarius: una questione di civiltà

La priorità è salvare le vite umane. Nel braccio di ferro tra Il Viminale e Malta sul destino dei 629 profughi della nave Aquarius è intervenuta Carlotta Sami, la portavoce dell’Alto Commissariato per i rifugiati dell’Onu, ricordando quale è la cosa più importante. Salvini ascolterà? Qualcuno ascolterà ?

Il neo ministro degli interni sembra aver deciso di dare seguito alle sue minacce. Vuole il giro di vite sugli sbarchi e, di concerto con il ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli, ha di fatto disposto la chiusura dei porti italiani all’Aquarius. Malta deve prendersi i profughi, non l’Italia.

Malta in genere però non li prende. Questo significa che, se nessuno cambia posizione, i 629 se ne staranno in mare. Fino a quando? Difficile dire. L’Aquarius deve diventare un esempio per tutte le altre Ong che ancora organizzano salvataggi nel Mediterraneo.

Siamo vicini alla conclusione di quel processo iniziato la primavera dello scorso anno con la criminalizzazione delle Ong. Matteo Salvini fu uno dei più impegnati in quella campagna, una campagna che ha portato – tra l’altro – agli accordi tra il governo Gentiloni-Minniti e le autorità libiche per impedire a tutti i costi le partenze. Una campagna che ha procurato tanto consenso elettorale alla Lega.

Ora per Salvini è il momento di dare seguito alle sue promesse elettorali. Impedire l’attracco nei porti italiani alle navi delle Ong vuol dire – di fatto – impedirgli di operare in mare. E quindi di salvare le vite dei profughi. Altri che lo fanno, non ce ne sono più.

Carlotta Sami, come tanti altri operatori umanitari, ci ricorda quale è la priorità. La politica senza umanità scivola veloce verso il cinismo, allarga il fronte dell’indifferenza, sconfina nella ferocia. Salvare e accogliere quei profughi, aprire i porti italiani all’Aquarius è una questione di civiltà.

  • Autore articolo
    Michele Migone
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