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Irlanda del Nord: 20 anni fa l’Accordo di Pace

“È una pace imperfetta. Ma è comunque pace”

Questa frase, o simili, l’abbiamo sentita tante volte in Irlanda del nord, pronunciata da appartenenti ad entrambe le parti del conflitto tra protestanti unionisti e cattolici repubblicani.

Una pace fragile, che più volte si è temuto fosse sul punto di rompersi, ma che tiene da due decenni. Il cui successo maggiore, su questo tutti sono concordi, è stato mettere fine alla violenza della guerra.

Ma non alle divisioni nella società. Quelle lasciate dal conflitto, il processo di riconciliazione è ancora un lavoro in corso. Divisioni religiose, politiche, anche sul nome geografico: gli unionisti dicono Northern Ireland, i nazionalisti irlandesi North of Ireland (il nord dell’Irlanda) o le Sei contee. Ci sono le dispute su come rapportarsi al passato, al conflitto, sui simboli, sulle parate, sul riconoscimento della lingua irlandese – una volta considerata esclusiva pertinenza dei repubblicani, ma che oggi riscuote interesse anche tra un numero crescente di protestanti, unionisti.

Ci sono poi gruppi repubblicani, seppur piccoli, che non accettano gli accordi di pace. Oppure chi rinfaccia a Sinn Fein, il principale partito repubblicano, di aver tradito le promesse, in primo luogo quella di realizzare l’unità tra le due parti dell’Isola. E, dall’altro lato, secondo alcuni anche la questione delle formazioni paramilitari lealiste non è ancora completamente chiusa. E poi c’è la questione economica: progressi ce ne sono stati, ma parte della popolazione non sembra averne visto i benefici. Da ultimo, lo stallo politico tra i due maggiori partiti, Sinn Fein e gli unionisti del DUP.

A tutto questo si è poi aggiunta la Brexit. Vista come una possibile minaccia in più. In particolare per la possibilità che il confine, oggi invisibile, tra nord e sud diventi una frontiera vera e propria. Elemento che ha però dato nuova linfa al dibattito su una futura unificazione.

Ma non è l’unico punto. Come scrive il giornale britannico Guardian, “buona parte della storia di successo dell’Irlanda del Nord dal 1998 ha avuto radici nei benefici condivisi dell’Unione europea. La maggioranza della gente nel Nord ha votato per restare nella UE, una decisione ignorata troppo in fretta. Ma la vera lezione del 1998 è che sostenere nuovi modi di pensiero ed azione richiede il costante sforzo di tutte le parti. L’incuria da parte della Gran Bretagna è in parte responsabile per l’attuale impasse”. E ricorda, il Guardian, come la gran parte delle celebrazioni per il ventennale si tengano a Belfast e Dublino, ma non a Londra. Ma l’accordo, conclude l’editoriale, “appartiene alla Gran Bretagna tanto quanto all’Irlanda. È nel nostro pieno interesse che almeno questo non debba essere dimenticato”.

Foto | Wikimedia, Guliolopez
Foto | Wikimedia, Guliolopez
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    Flavia Mosca Goretta
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    Il ricordo del Bataclan, dieci anni dopo la strage: “C’era bisogno di tornare a vivere”

    Sono passati dieci anni da quella notte del 13 novembre 2015, in cui durante il concerto degli Eagles Of Death Metal centotrenta persone persero la vita nell’attacco terroristico che colpì il Bataclan di Parigi. Costruito nel 1864 e dal 1991 dichiarato monumento storico, negli anni il locale ha portato sul palco della capitale innumerevoli artisti internazionali diventando un vero e proprio ”tempio della musica” francese. Oggi a Volume, il ricordo della “generazione Bataclan” e del concerto inaugurale tenuto da Sting un anno dopo la strage, in occasione della riapertura del locale. Ascolta lo speciale sul Bataclan.

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    “Quello che cerchi sta cercando te” (Iperborea) è uno dei più recenti titoli di Kader Abdolah, celebre scrittore iraniano da tempo emigrato in Olanda, in seguito a persecuzioni politiche. Il libro ripercorre le vicende e analizza le opere del famoso poeta persiano Rumi, vissuto nel 1200 e a sua volta esule dopo l’invasione mongola in Persia, e divenuto celebre in tutto il mondo proprio in seguito al forzato espatrio. A Bookcity Milano per presentare il libro, Kader Abdolah è stato ospite a Cult, intervistato da Ira Rubini.

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