Il terzo ponte sul Bosforo, il tunnel sotto il Bosforo eil terzo aereoporto erano e sono le grandi opere promesse da Erdogan per la città di Istanbul e da lui stesso definite come “tre pazzi progetti”. Ora sembra essere in arrivo il quarto, ovvero la demolizione completa dell’imponente Centro culturale Ataturk a piazza Taksim a favore della costruzione di una nuova Casa dell’opera.
Lo scopo quello di restituire al centro di Istanbul un luogo di produzione culturale e artistica di cui è stato privato per troppo tempo. Ma questa decisione radicale, che vuole mettere drasticamente fine a un’annosa discussione sul destino di uno dei luoghi storici della città, è anche carica di significati simbolici.
Il centro venne inaugurato nel 1969, come sede delle compagnie nazionali di teatro e dell’opera, ma un incendio lo distrusse l’anno immediatamente successivo; venne ricostruito e riaperto nel 1978 e per trent’anni non solo ha rappresentato la vita culturale della città ma davanti alla sua immensa mole che occupa un intero lato di piazza Taksim, il cuore pulsante della città, si sono susseguiti pezzi importanti, e spesso tragici, della storia del Paese.
Come il primo maggio di sangue del 1977, quando dei cecchini appostati sul tetto di un hotel adiacente spararono sulla folla uccidendo 37 persone. Un evento che apri le porte al golpe militare del 1980. Nel 2008 il centro venne nuovamente chiuso per restauro ma il progetto finì nel pantano delle discussioni e della mancanza di volontà.
Erdogan non lo ha mai amato in quanto retaggio di una Turchia diversa da quella da lui concepita, ovvero laica e occidentale, e meno ancora nel 2013 durante le rivolte di Gezi Park, quando l’edificio venne occupato dai manifestanti e divenne uno dei simboli della protesta. Fecero il giro del mondo le immagini dell’immensa facciata di vetro tappezzata di manifesti e bandiere e delle centinaia di persone che si erano arrampicate fino al tetto.
Si trattava di uno spazio dal potenziale enorme: quattro sale conferenza, due hall di cui una da 1.300 posti, un cinema, un teatro, un grande spazio espositivo. Un edificio mastodontico che Erdogan vuole sbriciolare non più per costruire una nuova moschea, altro ambizioso progetto che ha trovato spazio dalla parte opposta della piazza, ma per ricostruire sostanzialmente la stessa cosa. Che cambierà nello stile e probabilmente nel nome. Non più Centro culturale Ataturk ma chissà, forse Erdogan Opera House.
Un gesto che sta a indicare ancora una volta come il sogno accarezzato dall’ex primo ministro, ora presidente e in seguito al referendum futuro super presidente, sia quello di trovare posto nella storia del Paese accanto, se non sopra, al suo fondatore, Mustafa Kemal Ataturk. Letteralmente “il padre di tutti i turchi”, Ataturk fece sorgere la Repubblica dalle ceneri dell’Impero ottomano, dotandola di una identità laica e nazionalista; è un personaggio ancora profondamente amato e venerato dalla maggior parte dei suoi figli elettivi e suoi ritratti e statue campeggiano in ogni dove: scuole, ristoranti, edifici pubblici. O meglio campeggiavano: ultimamente sono sempre di meno.
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Sciopero generale dei sindacati di base: contro la manovra di guerra e per la Palestina
Centinaia di migliaia di persone in 50 città, secondo gli organizzatori, tanti studenti e movimenti per la Palestina insieme ai lavoratori hanno animato le piazze dello sciopero generale indetto unitariamente dalle sigle del sindacalismo di base contro la manovra economica. Una manovra di guerra, condizionata dalla necessità di aumentare le spese militari e che taglia salari e stato sociale, il centro della protesta. A Roma la manifestazione si è concentrata davanti a Montecitorio, molto partecipati anche i cortei di Milano e di Genova, aperto dai lavoratori portuali insieme a Greta Thunberg. A Torino un gruppo di manifestanti a volto coperto ha fatto irruzione nella redazione de LA Stampa, vuota per lo sciopero, lasciando scritte e buttando all’aria materiali di lavoro. Il Cdr e il sindacato dei giornalisti hanno duramente condannato l’atto. A Venezia ci sono state cariche e l’uso di idranti quando i manifestanti hanno cercato di raggiungere la sede dell’industria militare Leonardo. Le interviste realizzate al corteo di Milano da Martino Fiumi.
1) Tutti gli uomini del presidente Zelensky. Il braccio destro del presidente ucraino, Andriy Yermak, si dimette dopo lo scandalo corruzione. (Chawki Senouci)
2) Impunità e silenzio internazionale. Dalla Cisgiordania a Gaza, il governo israeliano uccide con le armi e con la burocrazia. (Giulio Cocchini - CESVI)
3) Intercettare i migranti ad ogni costo. La Francia, su pressione del Regno Unito, sperimenta nuovi pericolosi metodi per fermare l’immigrazione della manica. (Veronica Gennari)
4) I figli dello stato. Il sistema di protezione dei minori in Francia è in crisi e la proposta di un nuovo disegno di legge apre lo spazio per un dibattito più ampio. (Francesco Giorigni)
5) Spagna, per la prima volta un presidente tedesco rende omaggio alle vittime del bombardamento di Guernica. (Giulio Maria Piantedosi)
6) Ogni secondo si perde un albero. Mentre l’unione europea rinvia la norma per salvaguardare le foreste, centinaia di specie di alberi sono a rischio estinzione. (Alice Franchi, Martina Borghi - Greenpeace Italia)
7) Mondialità. Il secondo tempo per le guerre commerciali. (Alfredo Somoza)
L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.
Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza.
Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo.
A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza
Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita.
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Considera l'armadillo di venerdì 28 novembre 2025 Con @Sabrina Giannini parliamo della prossima puntata di @Indovina chi viene a cena sabato su @RAI3.
A cura di Cecilia Di Lieto.
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