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Xi Jinping: in Africa nuovi investimenti

Sessanta miliardi di dollari in investimenti: è la promessa del presidente Xi Jinping all’Africa. L’ha fatta ieri a Johannesburg durante il forum della cooperazione sino-africana.

Alla vigilia, c’erano parecchie aspettative e qualche timore. La Cina è di gran lunga il maggior partner commerciale del continente, con un volume di scambi dal valore di 222 miliardi di dollari al 2014. Giusto per dare un’idea, l’interscambio africano con gli Stati Uniti ammonta a 73 miliardi, solo un terzo. La Cina costruisce soprattutto infrastrutture, i Paesi Africani la riforniscono di materie prime. Tuttavia, il recente rallentamento economico cinese, unitamente al calo dei prezzi delle materie prime, ha provocato una contrazione del 32% nel valore delle importazioni cinese dall’Africa nel corso dell’anno passato.

Ebbene, si temeva che Xi Jinping sancisse una ritirata degli investimenti su tutta la linea, invece il presidente cinese ha rivelato di fronte a 35 capi di Stato africani un piano di sviluppo in dieci punti che prevede 5 miliardi di dollari in prestiti a interesse zero e 35 miliardi di dollari in prestiti agevolati, più altri 20 non meglio specificati.

“La Cina realizzerà 10 progetti di cooperazione con l’Africa nei prossimi tre anni”, ha detto Xi a Johannesburg. “Sono finalizzati ad affrontare tre questioni che frenano lo sviluppo dell’Africa: le infrastrutture inadeguate, la mancanza di personale specializzato e la carenza di fondi”.

Ad applaudirlo c’erano sia leader di Paesi democratici, come il sudafricano Jacob Zuma, sia quelli che democratici lo sono un po’ meno, come Robert Mugabe dello Zimbabwe. Con il primo, Xi aveva già siglato 26 accordi per quasi 6 miliardi di euro. Il secondo, a ottobre, è stato addirittura insignito del premio Confucio, il rivale cinese del Nobel per la pace. Adesso, Xi Jinping ha promesso – tra le altre cose – di costruirgli addirittura un nuovo parlamento, strappando al 91enne padre-padrone dello Zimbabwe un: “Sta facendo per noi quello che avrebbero dovuto fare quelli che ci hanno colonizzati. È un uomo mandato da Dio”.

È un’offensiva dello charme, quella cinese, che in Africa coglie a destra e manca.

A Johannesburg, l’uomo “mandato da Dio” ha poi chiarito meglio dove andranno i soldi cinesi: ferrovie, porti, strade, aeroporti, centrali elettriche e telecomunicazioni. Insomma, continua la politica delle infrastrutture che, nella visione cinese, non solo dovrebbe risolvere i problemi dell’Africa, ma anche consentire alle imprese cinesi di esportare il proprio eccesso di produzione.

Xi ha poi promesso di cancellare il debito dei Paesi africani più deboli, senza però specificare quali e per che importo. Va detto che già nel 2009 la Cina cancellò debiti per circa due miliardi e mezzo di euro.

Il presidente cinese ha infine aggiunto che, con la sua politica economica africana, la Cina conta anche di combattere l’estremismo violento, ed è chiaro il riferimento al fondamentalismo islamico. Intende farlo, senza però interferire nelle scelte politiche dei Paesi africani. È il modello cinese di relazioni diplomatiche: nessuna pressione politica ma investimenti, che da soli guariranno i mali della società. Una visione materialista, un filino deterministica; che del resto la Cina ha applicato a se stessa, sottraendo dalla povertà, in trent’anni, 600 milioni di persone.

Funziona? A giudicare dall’irrisolto conflitto in Xinjiang – proprio a casa propria – forse no. Almeno per ora. Ma Pechino è fiduciosa che la xiaokang shehui – la società del benessere moderato – sia una ricetta buona per ogni longitudine e latitudine.

  • Autore articolo
    Gabriele Battaglia
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    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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