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Washington-Caracas, prove di dialogo

“E’ necessario intavolare un dialogo diretto e immediato fra i nostri due governi”. Così a sorpresa si sono pronunciati il segretario di Stato Usa, John Kerry e la ministro degli esteri venezuelana, Delcy Rodriguez, a conclusione dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) tenutasi a Santo Domingo.

Nel pieno della crisi politica e del caos economico in Venezuela, pare dunque compiersi un timido avvicinamento fra i due Paesi, a confermare la gravità della situazione a Caracas, dove l’opposizione al presidente chavista Nicolas Maduro (che ha la maggioranza assoluta in parlamento) intende convocare un referendum “revocatorio”, appoggiato in primis proprio da Washington.

L’artefice di questo tentativo di disgelo (dopo che gli Stati Uniti avevano inserito lo scorso anno il Venezuela nella lista nera dei Paesi che minacciano la loro sicurezza nazionale) è Thomas Shannon, navigato esperto politico-diplomatico dell’America Latina e attuale consigliere di Kerry.

Shannon, preoccupato per l’inconcludenza delle trattative fra Maduro e opposizione, mediate dal dicembre scorso da ben tre ex presidenti (lo spagnolo Zapatero, il panamense Torrijos e il dominicano Fernandez) si è deciso ad avanzare la proposta di conversazioni dirette fra Caracas e Washington proprio nel momento in cui l’Osa si avvia maggioritariamente a isolare il Venezuela (dopo la caduta dei governi progressisti di Brasile e Argentina).

Shannon teme che il fallimento di ogni mediazione possa far precipitare gli eventi verso conflitti interni violenti e dagli esiti imprevedibili. A partire da un presupposto per Maduro irrinunciabile: così come l’opposizione presiede legittimamente il parlamento dopo il voto democratico del dicembre scorso, allo stesso modo Maduro, che si installò alla presidenza della repubblica con elezioni altrettanto legittime, deve portare a conclusione il suo mandato.

  • Autore articolo
    Gianni Beretta
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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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