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Trump ribalta i fatti: assolve Putin e silura Zelensky, definito un “dittatore mai eletto”

Trump Ucraina Zelensky ANSA

Chi pensava che non potesse andare peggio di così, per gli ucraini, non aveva ancora ascoltato le battute di Donald Trump ieri, nella sua mansion di Mar a Lago. E quello che il presidente ha scritto stamattina, al suo risveglio, su Truth Social. Trump si è infatti ieri lanciato in una ricostruzione della guerra che non solo ribalta anni di politica americana, ma contraddice anche la realtà dei fatti. Alla domanda sulle proteste di Volodymyr Zelensky per non essere stato invitato ai negoziati di Riad, Trump ha risposto che Zelensky ha avuto tre anni per sedersi al tavolo dei negoziati, e che non avrebbe mai dovuto iniziare la guerra. Ora, ci possono essere diverse interpretazioni sulle ragioni che hanno portato all’inizio di questa guerra, ma una cosa appare incontrovertibile. E cioè, che questa guerra non l’hanno iniziata gli ucraini, questa guerra inizia con un’invasione russa in Ucraina.

Su Truth Social, stamattina, Trump è andato ancora più in là. Irritato per le parole di Zelensky, che gli ha rimproverato di vivere in una bolla di disinformazione, il presidente americano ha definito Zelensky un dittatore, che rimane quindi al potere contro il volere popolare. Ieri Trump aveva spiegato che il presidente ucraino non ha più alcun seguito popolare – la sua popolarità è al 4%, ha detto Trump – e che quindi gli ucraini dovrebbero al più presto tenere elezioni. Non si capisce dove Trump abbia tratto il dato del sondaggio con Zelensky al 4% di popolarità – non esiste infatti da nessuna parte, quel numero – ma la cosa non è importante.

Quello che è importante è che, con queste dichiarazioni, Trump fa proprie, al 100%, le posizioni di colui che appare ora il suo miglior amico: Vladimir Putin. Che la guerra l’hanno iniziata gli ucraini. Che c’è bisogno di un cambio di governo a Kyev, magari con qualcuno un po’ più disponibile ai diktat del Cremlino. Non è difficile immaginare come Putin sia riuscito a imbarcare Trump sul suo carro. Ai negoziati di Riad era presente Kirill Dmitriev, studi a Harvard, passato a McKinsey, consulente economico del Cremlino, che mostrava ai presenti un foglietto con una cifra: 324 miliardi di dollari, che sarebbe quello che le imprese americane hanno perso in questi tre anni di guerra. Facendo balenare la possibilità di nuovi affari, di forniture energetiche dalla Russia agli Stati Uniti.

Putin non è soltanto riuscito ad ammorbidire l’atteggiamento del governo americano in tema di guerra in Ucraina. Putin è riuscito a far dire a Trump le stesse cose che dice lui. A questo punto, c’è molto poco che il presidente ucraino possa fare, come c’è molto poco che gli europei – che hanno pagato un prezzo altissimo per la guerra in Ucraina e che sono anche loro tenuti fuori dai negoziati di pace – possano fare. Una possibile ancora di salvezza, per Ucraina ed europei, potrebbe venire da quei settori del Partito Repubblicano ancora legati a una visione transatlantica della politica. Ma si tratta di settori sempre più minoritari, sparuti, gli eredi di Ronald Reagan e dei neocon, che non hanno più grande potere in un partito che è diventato completamente soggetto al volere di Trump.

L’Ucraina e l’Europa appaiono al momento sempre più strette nella tenaglia, autocratica e fondata sui nuovi interessi economici, di Stati Uniti e Russia. Per il momento, si naviga a vista, e si naviga, per quanto riguarda Ucraina ed Europa, verso una notte che non si sa quanto sarà lunga e buia.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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    Questa settimana Elijah Wald è in Italia per portare sul palco, tra Milano, Torino e Piacenza, le sue storie su Bob Dylan e il Greenwich Village di New York. Chitarrista folk blues ma anche narratore e giornalista musicale, attraverso canzoni e racconti Wald ripercorre nel suo spettacolo il cammino di Dylan e dei tanti personaggi di quel periodo irripetibile. Da Woody Guthrie a Pete Seeger, da Eric Von Schmidt a Dave Van Ronk - quest’ultimo anche protagonista del film dei fratelli Coen “A proposito di Davis” e realizzato partendo proprio dal memoir scritto da Wald. Oggi Elijah è venuto a trovarci a Radio Popolare per raccontarci la sua storia e suonarci alcuni brani tra Mississippi John Hurt, Paul Clayton e Victor Jara. Ascolta l’intervista e il MiniLive di Elijah Wald.

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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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