«Ogni generazione […] si crede destinata a rifare il mondo. La mia sa che non lo rifarà. Il suo compito è forse più grande: consiste nell’impedire che il mondo si distrugga». Lo disse Albert Camus ritirando il Nobel per la Letteratura nel 1957. «Il compito della nostra generazione non sarà quello di “mirare a grandi cose”, ma di salvare la nostra anima dal caos, di preservarla e di vedere in essa l’unica cosa da mettere in salvo […] Dovremo tener duro più che andare avanti. Ma intendiamo salvare l’anima per voi giovani, per la generazione che nasce ora, affinché dalla sua forza voi organizziate, edifichiate e plasmiate una nuova e migliore esistenza». Così scrisse Dietrich Bonhoeffer a Eberhard Bethge, maggio 1944. Il teologo protestante spiegò agli amici contrariati per il suo rientro dagli Usa in Germania: «Non avrò diritto di partecipare alla ricostruzione della vita cristiana in Germania dopo la guerra se non ne avrò condiviso le prove con il mio popolo». Hitler lo fece impiccare il 9 aprile del ’45. La mia generazione nata con la guerra, avendo avuto per sorelle Liberazione dal nazifascismo, Repubblica, Costituzione, Europa ha il compito oggi di tener vivi i versi del frate poeta protagonista allora e per tanti di noi guida umana e spirituale nella rinascita postbellica a Milano e non solo, Davide Turoldo (nella foto): «Torniamo a sperare / come primavera torna / ogni anno a fiorire. / I bimbi nascano ancora, / profezia e segno / che Dio non si è pentito. / Torniamo a credere / pur se le voci dai pergami / persuadono a fatica / e altro vento spira / di più raffinata barbarie. / Torniamo all’amore, / pur se anche del familiare / il dubbio ti morde, / e solitudine pare invalicabile». Tornare a sperare è responsabilità della mia, delle generazioni tutte che si ritrovino intorno ad un’altra grande cui si devono gli ideali oggi del vivere civile, Simone Weil che scrisse: «Là dove le opinioni irragionevoli prendono il posto delle idee, la forza può tutto. È – per esempio – molto ingiusto dire che il fascismo annienta il pensiero libero; in realtà è l’assenza di pensiero libero che rende possibile l’imposizione con la forza di dottrine ufficiali del tutto sprovviste di significato». Buon 2026, spes contra spem.


