“Non possiamo più permettere che la nostra musica sia usata per fare artwashing dell’apartheid, del genocidio o dell’oppressione contro un popolo. Ci motiva la visione condivisa di un mondo più giusto e più pacifico. Unitevi a noi”. Si conclude così l’appello, già firmato da oltre seicento musicisti, a Live Nation Entertainment, la più grande società a livello mondiale di organizzazione di concerti, perché smetta di lavorare in Israele, e interrompa i rapporti con Live Nation Israel. Tra le firme di maggior risonanza internazionale quelle di Massive Attack, Brian Eno, Thurston Moore e Caribou. La lettera aperta è una nuova iniziativa di Musicians for Palestine, che risponde così all’invito della Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel a fare pressione su Live Nation Entertainment: la campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele è membro fondatore di BDS, il movimento internazionale a guida palestinese per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni nei confronti di Israele creato vent’anni fa. Musicians for Palestine è un network internazionale di artisti ma anche operatori nel campo della musica – manager, discografici, produttori, organizzatori, radiofonici, eccetera – che si è formato ben prima dell’aggressione a Gaza seguita al 7 ottobre 2023: la rete è nata durante l’attacco israeliano alla striscia di Gaza del maggio 2021, nel corso della crisi innescata dalla decisione israeliana di espellere sei famiglie palestinesi dalle loro case nell’area di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est; in quella occasione una presa di posizione di Musicians for Palestine contro l’apartheid israeliano raccolse più di 1500 firme. Intitolato Live Nation, l’appello pubblicato da Musicians for Palestine parte dal rifiuto di “rimanere in silenzio mentre l’apartheid di Israele continua la sua oppressione genocida contro il popolo palestinese”, per poi fotografare la situazione di Gaza, affermando che il “disonesto piano di cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti” non porterà “ad una reale assunzione di responsabilità o a una vera giustizia”, e intanto “le forze israeliane stanno ancora assediando, affamando e uccidendo i palestinesi a Gaza”. L’appello arriva quindi al ruolo della musica: “Sappiamo che la solidarietà autentica comincia combattendo la complicità. Parti del nostro settore hanno troppo spesso mancato di sostenere la causa della liberazione palestinese. Chiediamo di porre fine una volta per tutte a questo fallimento morale. Dunque ci esprimiamo tutti assieme per la vita, la dignità e la fine dell’impunità”. L’appello chiede dunque a Live Nation Entertainment di tagliare i rapporti con Live Nation Israel, che “celebra l’esercito genocida israeliano, che a Gaza ha ucciso più di 70.000 palestinesi”. La lettera chiede infine a Live Nation Entertainment di fare proprie le indicazioni della Campagna di boicottaggio culturale di Israele e “di adottare una condotta che garantisca che la sua programmazione e le sue partnership non siano mai complici dell’oppressione, rispettando le linee guida formulate dalla società civile palestinese”, e invita i festival e le location di Live Nation ad aderire e diffondere queste richieste.


