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Sovranismo, sovranità

Il Quirinale

Nel suo inconfondibile realismo, e con la sua brutale capacità di sintesi, Henry Kissinger ha definito l’essenza della sovranità come «il diritto di prendere decisioni non subordinate a un’altra autorità». Un diritto tradizionalmente attribuito, fin dalla loro fondazione nel ‘300-‘400, agli Stati-nazione (o agli imperi) anche se, contemporaneamente, si è posto il problema di individuare la fonte di legittimazione di un tale potere: Dio per il monarca assoluto (e, in quanto tale, absolutus, cioè “sciolto” da ogni vincolo di responsabilità per le sue azioni, se non, appunto, di fronte a Dio), i cittadini nelle monarchie costituzionali, intendendo per cittadinanza, inizialmente, una ristretta fascia di elettori selezionati per censo e istruzione, gradualmente estesasi fino a coincidere, nelle democrazie parlamentari, con la totalità del popolo-nazione (senza differenze di genere e con l’unico requisito della maggiore età).

È la definizione che ritroviamo nell’art. 1, comma II, della Costituzione della nostra Repubblica: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Se quindi il concetto di sovranità ha avuto, dall’inizio, una dimensione territoriale, legata alla comunità su cui si andava esercitando, nella sua evoluzione storica ha dovuto sempre più porsi il problema del suo riconoscimento o, meglio ancora, del consenso, tanto più nel Novecento, il secolo dei totalitarismi e di due guerre mondiali, ma anche delle masse e, dopo il crollo del comunismo, dell’apparente trionfo delle democrazie liberali e rappresentative.

Uno Stato sovrano è quindi, per definizione e almeno in teoria, indipendente. Può, peraltro, decidere di cedere parte della propria sovranità (economica, militare, giuridica) a istituzioni sovrannazionali, come previsto anche dall’art. 11 della nostra Costituzione: «L’Italia (…) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». Siamo però in una fase storica che sembra assumere sempre più le caratteristiche di quella che Colin Crouch, ormai 15 anni fa, definì “postdemocrazia”: frantumazione degli interessi collettivi, debolezza dei partiti e degli organismi di mediazione che dovrebbero rappresentarli, mediatizzazione e scarsa trasparenza nella ricerca del consenso (come ha scritto Christian Salmon «la mediasfera è il teatro della sovranità perduta»), ruolo crescente delle lobbies.

Tutto ciò all’interno degli Stati “sovrani” e, ancor di più, in istituzioni sovrannazionali come l’Unione Europea, i cui meccanismi di funzionamento e le cui decisioni appaiono spesso oscuri e, di conseguenza, carenti di legittimazione. In conclusione, il fenomeno del “populismo-sovranismo” (riappropriazione da parte del popolo sovrano e dello Stato territoriale delle quote di potere che ha ceduto – o che è convinto di aver ceduto – alla “casta”, a Roma “ladrona” piuttosto che alla “tirannia di Bruxelles”) è, in larga parte, dovuto a un deficit di democrazia, con i rischi che già Gramsci, nel settimo dei suoi Quaderni, aveva intuito:

«Uno dei problemi di tecnica politica che si presentano oggi, ma che le democrazie non riescono a trovare il modo di risolvere, è appunto questo: di creare organismi intermedi tra le grandi masse, inorganizzabili professionalmente (o difficilmente organizzabili), i sindacati professionali, i partiti e le assemblee legislative. I consigli comunali e provinciali hanno avuto nel passato una funzione approssimativamente vicina a questa, ma attualmente essi hanno perduto d’importanza. Gli Stati moderni tendono al massimo di accentramento, mentre si sviluppano, per reazione, le tendenze federative e localistiche, sì che lo Stato oscilla tra il dispotismo centrale e la completa disgregazione»

Il Quirinale
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    Giovanni Scirocco
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    Una casa editrice di estrema destra si iscrive alla Fiera nazionale della Piccola e Media Editoria “Più libri, Più liberi”, organizzata dall’Associazione editori italiani. Alcuni intellettuali si chiedono se sia opportuno ospitare pensieri razzisti o apologie del nazismo e come spiega la filosofa e scrittrice Donatella Di Cesare, esperta internazionale di "negazionismo" (l'ultimo suo libro per Einaudi si intitola “Tecnofascismo”): “Non discutiamo la libertà di pensiero e di pubblicazione per una casa editrice, ma l’idea della Fiera intitolata Più libri, Più Liberi a cui chiediamo se è giusto offrire questa vetrina ulteriore, così emblematica e significativa, dove verranno esposti autori e tematiche che in altri paesi europei come la Germania non sono tollerate”. “In Italia c’è una soglia molto bassa di attenzione, forse perché i temi storici non vengono approfonditi e siamo ancora nella vulgata del rigurgito del passato che ritorna o di temi folcloristici da non prendere seriamente e secondo me è un elemento critico e una mancanza di vigilanza culturale ed etica”. Ascolta l'intervista di Claudio Jampaglia e Cinzia Poli.

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    C’è un tesoro in Italia, ambito da sempre, ed è il tesoro delle Assicurazioni Generali. Chi comanda a Trieste, comanda su un pezzo importante del paese. Per 70 anni il tesoro delle Generali è stato controllato da Mediobanca, che una volta era il salotto del capitalismo familiare italiano e oggi è una solida banca milanese. Nell’ultimo anno, grosso modo, due capitalisti nostrani, non si sa se anche coraggiosi, Francesco Gaetano Caltagirone, insieme a Francesco Milleri, hanno portato a termine il colpo del secolo: con un’operazione di scambio di azioni – e con il concorso esterno del MPS, fino a qualche mese fa banca di stato - hanno cacciato i vecchi azionisti dagli uffici di piazzetta Cuccia a Milano (Mediobanca) e al loro posto ci hanno messo se stessi più alcuni amici. In questo modo l’immobiliarista e editore Caltagirone, insiene al socio un po’ litigioso degli eredi Luxottica, hanno preso il controllo di Mediobanca. E lo hanno fatto con l’aiuto del MPS, banca pubblica privatizzanda. Preso il controllo di Mediobanca, i “nostri” Caltagirone&Soci hanno cominciato a vedere terra, la costa triestina, la casa mitteleuropea di Generali. Ora, su tutta questa operazione – sommariamente sintetizzata – qualcosa non ha funzionato. La Procura di Milano sta indagando per il mancato rispetto di alcune importanti formalità da codice penale: il “concerto” non previsto, il rispetto del “mercato” e delle autorità di controllo. Aspettiamo fiduciosi che la giustizia faccia il suo corso, mentre la politica rivendica i suoi meriti, giusti o sbagliati che siano. Pubblica oggi ha ospitato il giornalista e saggista Vittorio Malagutti (Domani) e il senatore del Pd Antonio Misiani.

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    Mara Morini politologa dell’Università di Genova, coordinatrice dello Standing Group “Russia e spazio post-sovietico” della Società Italiana di Scienza Politica (SISP), lascia poche chance all'accettazione da parte di Putin del "piano" messo a punto in Florida e presentato oggi dall'inviato speciale Witkoff al Cremlino, mentre Gianpaolo Scarante, docente all'Università di Padova, già Ambasciatore e Capo di Gabinetto del ministero degli Esteri sottolinea come la tregua purtroppo si fissi sulla linea del fronte e poi le negoziazioni dovranno riuscire a ristabilire la sovranità dei territori, ma come anche l'aver affidato le trattative a uomini che non rispondo ai Parlamenti renda molto opaco tutto il processo. Donatella Di Cesare, filosofa e scrittrice, esperta internazionale di "negazionismo", l'ultimo suo libro per Einaudi si intitola Tecnofascismo, chiede conto alla fiera Più Libri Più Liberi promossa dall'Associazione italiana editori a Roma della presenza tra gli espositori della casa editrice di estrema dx Passaggio al Bosco. Infine Gianmarco Bachi annuncia "il corteo" di ascoltatrici, ascoltatori, lavoratori, collaboratrici e chi più ne ha più ne metta il prossimo 14 dicembre la mattina che dalla sede della radio in via Ollearo 5 si dirigerà alla Fabbrica del Vapore per la fine della maratona radiofonica di 50 ore e il via alle celebrazioni dei 50 anni di Radio Popolare.

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