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    Memos |

    Roma, l’oblio sui bisogni della città e gli “scontrini fumanti” dell’ex sindaco. Intervista con Christian Raimo.

    A cura di:

    Raffaele Liguori

    Che cosa insegna la vicenda di Roma di questi ultimi mesi: dalle dimissioni del sindaco Marino, tornando indietro all'inchiesta “mafia-capitale”, alle elezioni romane del 2013? Memos lo ha chiesto a Christian Raimo, giornalista scrittore e insegnante, romano. «Quella di Roma – dice - è una vicenda che mette insieme molte delle debolezze della politica italiana: la debolezza di una città grande, estesa, difficile da amministrare; la debolezza dei partiti (pd, sel) che non riescono a fare da traduttore di quelle che sono le istanze di cambiamento; la debolezza di una riforma morale della politica che non può essere fatta a colpi d'accetta; e infine, la debolezza di una domanda di politica dal basso che però non riesce a trovare una sintesi». Raimo descrive Roma come una città con due facce: «c'è una città con il centro storico, sempre più turistica, gentrificata, più disneyland, in cui vivono poco meno di un milione di persone; c'è poi un'altra città, di due milioni di abitanti, che è un'immensa periferia che ormai arriva ai confini del Lazio. Negli ultimi anni c'è stata un'emigrazione enorme verso la periferia, con una conseguente cementificazione, senza che fosse accompagnata da una rete di trasporti e di servizi». Chi ha amministrato Roma, il sindaco Marino, conosceva questa città? «Marino aveva toccato punti importanti: la lotta all'abusivismo commerciale, il contrasto alla mafia, alla corruzione e al consociativismo. Non è che non ha fatto nulla. Però non ha toccato i centri nevralgici dei problemi: la disuguaglianza, ad esempio. Se vado a Boccea (periferia romana, ndr) e chiedo a dei ragazzi cosa fanno il sabato pomeriggio loro mi rispondono che vanno “a Roma” e non “in centro”. C'è quindi un'idea che la città sia altro, e quest'idea riguarda due milioni di persone».

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    Una trasmissione che parla di donne e altre stranezze. Attualità, cultura, approfondimenti su femminismi e questioni di genere. A cura di Elena Mordiglia.

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    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

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    Femminicidi, Nordio parla di genetica e allontana l’educazione nelle scuole

    Oggi il ministro della giustizia Nordio ha partecipato a una conferenza sui femminicidi e ha esposto una teoria sulle radici della violenza di genere. In sostanza ha detto che c’è una questione millenaria, genetica, legata al fatto che l’uomo è fisicamente più forte della donna, e che bisogna intervenire “come fanno gli psicologi e gli ipnotisti su chi ha una tara legata a un trauma adolescenziale”. Nordio ha aggiunto che l’educazione è fondamentale, che va bene farla nelle scuole ma che la sede è, innanzitutto, la famiglia. All’evento c’era anche la ministra della famiglia Roccella, che ha negato che ci sia un legame tra l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole e l’andamento del numero dei femminicidi. Dall’opposizione arrivano forti critiche, sia per la contrarietà di fatto all’educazione nelle scuole ribadita dai due membri del Governo, sia per le parole di Nordio sulla genetica: dai partiti di minoranza si parla di “visione retrograda” e di “ritorno al peggior Medioevo”. Stefano Ciccone è presidente dell’associazione Maschile plurale, impegnata contro la violenza contro le donne.

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