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Mozambico: il tonfo del leone

Fino ad aprile scorso il Mozambico era uno di quei paesi africani che qualche mese prima erano promettenti e ora mostravano la corda. In linea con molte economie africane che erano state date, da analisti frettolosi e distratti, come dei paradisi degli investitori, come delle economie in formidabile ascesa.

Questo sino allo scorso aprile, quando sono emersi dei prestiti assunti dal governo e non dichiarati (resi noti dal Financial Times e dal Wall Street Jornal) che mostrano un paese praticamente alla bancarotta. A tutto questo va aggiunto il danno di immagine alla classe dirigente sia all’interno del paese sia, soprattutto, con i partners internazionali.

Di fatto il Mozambico aveva contratto con le banche europee prestiti per oltre un miliardo e mezzo di dollari e con il Fondo Monetario un prestito di 850 milioni di dollari. Dunque quasi due miliardi e mezzo di dollari che non sono nemmeno stati messi a bilancio: ottenuti e spariti in una specie di buco nero. Inoltre Europei e FMI non sapevano uno dell’altro mentre le regole stabiliscono che tutti i prestiti devono essere pubblici e noti, ovviamente, ad altri soggetti che elargiscono denaro.

FMI e Banca Mondiale hanno immediatamente sospeso tutti i programmi di aiuto e anche l’Europa ha interrotto tutte le relazioni economiche con il paese.Questa situazione, riportata dai media non legati alla stampa governativa (che ovviamente ha minimizzato), ha portato ad organizzare una manifestazione di protesta nella capitale per sollecitare l’apertura di un’inchiesta sull’utilizzo delle risorse economiche ricevute. La manifestazione però non si è mai svolta perché il regime ha schierato in tutte le città un sistema repressivo massiccio che ha scongiurato a chiunque di andare in piazza.

La situazione attuale del Mozambico è drammatica, con un debito pubblico passato dal 42 per cento nel 2012 al 73,4 per cento del Pil nel 2015, caratterizzata da una grave crisi di credibilità finanziaria per i prestiti non dichiarati ai partner internazionali e non inseriti nei conti pubblici, inoltre il Metical, la valuta locale, ha perso oltre il 35% del suo valore.

Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che il Mozambico è praticamente spaccato a metà per un conflitto tra il Frelimo, il partito di regime, e la Renamo, la vecchia formazione della guerriglia che esige il governo di alcune regioni nelle quali afferma di avere vinto le elezioni, si ha un quadro completo di un paese di fatto in default: economico e politico.

  • Autore articolo
    Raffaele Masto
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    Trent'anni dopo gli accordi di Dayton, che posero fine al massacro della guerra nella ex Jugoslavia, in Italia si è tornato a ricordare il più drammatico emblema di quella guerra, l'assedio di Sarajevo. È stata un'inchiesta della Procura di Milano a riaprire una finestra sull'orrore. I magistrati indagano su un gruppo di cittadini italiani che, insieme a cittadini svizzeri e probabilmente anche di altre nazionalità che avrebbero passato dei fine settimana a Sarajevo, nelle postazioni serbo-bosniache, per divertirsi a fare i cecchini, dietro il pagamento di ingenti cifre. Un safari umano che aggiunge crudeltà alla crudeltà. Luigi Ambrosio ha intervistato Mario Boccia, fotografo e reporter, che negli anni della guerra era a Sarajevo a documentare l'assedio e che oggi ha prodotto una mostra fotografica che farà il giro dei balcani, iniziando da Belgrado, per poi andare a Zagabria e a Sarajevo. Foto di Mario Boccia

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    Giocare col fuoco: storie, canzoni, poesie di e con Fabrizio Coppola Un contenitore di musica e letteratura senza alcuna preclusione di genere, né musicale né letterario. Ci muoveremo seguendo i percorsi segreti che legano le opere l’una all’altra, come a unire una serie di puntini immaginari su una mappa del tesoro. Memoir e saggi, fiction e non fiction, poesia (moltissima poesia), musica classica, folk, pop e r’n’r, mescolati insieme per provare a rimettere a fuoco la centralità dell’esperienza umana e del racconto che siamo in grado di farne.

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