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“Love Letters from Saint Levant”, il nuovo EP del cantante algero-palestinese

Love Letter from Saint Levant

A soli ventiquattro anni, Saint Levant è una star internazionale: alla fine del 2022, quando non aveva ancora scelto il suo nome d’arte e si chiamava Marwan Abdelhamid, il suo Very Few Friends, un brano in inglese, francese e arabo, ha totalizzato in un mese due milioni di visualizzazioni su YouTube; nel 2023 è stato nominato da Dior “Fragrance Ambassador”, il primo per il Medio Oriente; nel 2024 ha firmato con una major, la Universal Arabic Music.

Le sue origini familiari e la sua vicenda personale sono piuttosto complesse: i genitori sono cresciuti in Algeria, la madre parte francese e parte algerina, il padre serbo ma di origine palestinese; negli anni novanta, dopo gli accordi di Oslo, si trasferiscono a Gaza, dove il padre progetta, costruisce e gestisce un albergo in riva al mare; Marwan nasce nel 2000 a Gerusalemme e cresce a Gaza; nel 2007 la battaglia di Gaza spinge la famiglia a spostarsi ad Amman, in Giordania; poi Marwan prosegue i suoi studi negli Stati Uniti e si laurea in California: oggi quando non è in giro per il mondo vive a Los Angeles ma torna regolarmente ad Amman.

Saint Levant non ha adottato un nome d’arte à la page per nascondere la sua identità di arabo e di palestinese: questa sua identità è anzi un tema costante della sua produzione. Nel 2020, agli esordi, compone due brani, Jerusalem Freestyle e Nirvana in Gaza, pieni di riferimenti alla condizione dei palestinesi; nel 2023 – prima della guerra nella Striscia – esce con From Gaza with Love; nel 2024 ha pubblicato Deira, il nome dell’albergo del padre, distrutto nel 2023 dagli israeliani. Il 14 febbraio, giorno di San Valentino, Saint Levant ha fatto uscire il terzo album della sua carriera, un EP intitolato Love Letters from Saint Levant, in cui il tema dell’identità è presente a diversi livelli.

Nella prima facciata del disco l’identità araba è dichiarata nella maniera più esplicita nei ritmi, nelle scelte musicali, nell’impiego prevalente della lingua: Daloona è un classico, realizzato con 47Soul, gruppo palestinese profilato politicamente; Wazira è un vivace brano recente; Kalamantina è una novità, in cui Saint Levant alterna arabo e inglese. La seconda facciata è in chiave più pop e R&B, ma non meno piena di senso di appartenenza. Se Wain Maady Wain è un classico di Saint Levant, Diva – l’altro brano nuovo – è un brano che ha al centro proprio il tema dell’identità: nel video che lo accompagna, pubblicato contemporaneamente all’album, Levant è due personaggi diversi: stanca del suo stile di vita da star, una bellissima giovane abbandona Saint Levant nel lussuoso albergo in cui sono assieme, per poi essere conquistata da un giovane arabo, con cui Saint Levant impersona l’altro se stesso, Marwan Abdelhamid.

Il video è stato girato ad Algeri dalla regista algerina Lyna Zerrouki; cast e personale che hanno contribuito alla realizzazione sono quasi completamente arabi, di varie nazionalità; in una sequenza, i fan che aspettano l’arrivo di Saint Levant agitano bandiere algerine e palestinesi; in mezzo al brano, una tastiera ricorda quelle del pop-rai algerino alla Cheb Hasni. L’ultimo brano è il recente Exile, già corredato da un elegantissimo video sempre di Lyna Zerrouki: l’apparenza è quella dello struggimento per la separazione da una amata, ma nella metafora la giovane modella rappresenta la Palestina: fortissima l’immagine di Saint Levant e della modella distesi, che fa pensare ad un obitorio, e quella, in un momento di pausa della musica, dei ballerini che scappano e che portano sulle spalle o trascinano altri ballerini, come corpi senza vita; anche qui non manca un riferimento musicale specifico alle origini di Saint Levant, con un passaggio di cui è protagonista la gasba, il flauto di canna della musica tradizionale algerina.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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