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Iran: niente capelli, niente velo

Rasarsi la testa a volte può essere un atto politico, soprattutto se a farlo è una donna, una donna iraniana. La ragazza ritratta in questa foto non lo aveva previsto, quando aveva deciso di tagliarsi i capelli per donarli ai bambini malati di cancro. Ma quando si è ritrovata con la testa rasata ha pensato: “Perché indossare il velo, se non ho più i capelli?” Ed è uscita senza il foulard che le iraniane devono indossare per legge.

Una volta per strada, si è fatta una foto e l’ha postata sulla pagina Facebook “My Stealthy Freedom” (La mia libertà furtiva) che pubblica regolarmente foto e video di donne iraniane senza foulard o nell’atto di toglierselo. Il sito ha quasi un milione di follower. La ragazza ha scritto sotto la sua foto:

“Ho venduto i miei capelli per aiutare questi adorabili piccoli angeli colpiti dal cancro. Una volta in strada, mi sono detta: niente capelli, niente polizia religiosa! Coloro che mi dicono ogni giorno di velarmi i capelli, non hanno più alcuna buona ragione di dirmi di coprirmi o di arrestarmi, per il momento”.

In realtà non si conosce ancora l’orientamento della polizia religiosa iraniana di fronte a una donna completamente rasata. La legge parla di nascondere i capelli, non il cranio nudo. Ancora lunedì, si era diffusa la notizia dell’arresto di 8 donne iraniane (alcune modelle), per aver pubblicato su Instagram delle loro foto a capo scoperto.

Fra loro Elham Arab, una modella nota per i suoi capelli biondi (tinti). E’ stata costretta a scusarsi in un filmato trasmesso dalla tv pubblica iraniana, dove diceva che il prezzo di volersi mostrare belle e cercare la fama è perdere il proprio onore. I suoi capelli erano ritornati neri.

La modella Elham Arab si è scusata pubblicamente per aver postato su Instagram delle sue foto senza foulard

La pagina Facebook “My stealthy freedom” è stata creata dalla giornalista iraniana Masih Alinejad, che vive a Londra. Nel febbraio 2015 a Ginevra la 39enne ha ricevuto il premio del Geneva Summit for Human Rights and Democracy per la sua campagna a favore della libertà delle donne iraniane, lanciata nel 2014.

Masih
Masih Alinejad, creatrice della pagina FB “La mia libertà furtiva”

La sua pagina Facebook ha infastidito le autorità iraniane, che sostengono che molte delle foto pubblicate sono false. Masih – comunque – ha dichiarato in varie interviste di non essere contro il velo. Vuole solo che le iraniane possano scegliere se indossarlo o meno. “Non ho intenzione di incoraggiare le donne sfidare la legge iraniana o a ribellarsi contro di essa – ha spiegato – voglio solo dare voce a migliaia e migliaia di donne che non hanno uno spazio per esprimersi”.

Anche molti uomini iraniani hanno appoggiato la campagna, scattandosi foto accanto alla loro compagna (o madre o sorella) svelata. Sulla pagina Facebook sono apparse ultimamente anche foto e video di ragazze travestite da uomo, che si tagliano i capelli corti e si camuffano per poter girare senza velo per le strade di Teheran.

"Sono una ragazza iraniana. Per evitare la polizia religiosa, mi sono tagliata i capelli e indosso vestiti da uomo"
“Sono una ragazza iraniana. Per evitare la polizia religiosa, mi sono tagliata i capelli e indosso vestiti da uomo”

L’Iran viene spesso criticato per l’imposizione del velo alle donne ma – nella regione – non è quello dove le donne sono messe peggio. In tanti paesi islamici il velo non è obbligatorio, ma c’è una tale pressione sociale che le donne sono costrette a portarlo ugualmente. L’Arabia Saudita, a esempio, ha leggi molto più restrittive: alle donne – completamente coperte – è addirittura vietato guidare e solo di recente hanno potuto votare (ma solo alle elezioni locali) per la prima volta.

In Iran invece le donne – anche se discriminate dalla legge – si sono conquistate un ruolo centrale nella società. Dalla scuola elementare in poi, le bambine sono più numerose dei maschi fra i banchi (fonte Unesco). All’università le studentesse sono più numerose degli studenti, anche in facoltà come scienze e ingegneria, dove le donne sono oltre il 70%. L’Iran – in proporzione ai suoi abitanti – ha più donne laureate in ingegneria di qualsiasi altro paese al mondo.

Le donne iraniane da anni possiedono e guidano imprese, anche in settori come il petrolio, il gas, le miniere e le nuove tecnologie.

Le leggi che dopo la rivoluzione islamica hanno stabilito la separazione dei sessi a scuola e nel sistema sanitario hanno avuto l’effetto paradossale di consentire a molte donne di trovare lavoro come insegnanti e medici ospedalieri. Il fatto che l’istruzione sia diventata gratuita, con l’apertura di università statali anche in provincia, ha dato a tantissime ragazze l’opportunità di studiare.

Le donne sono entrate poi massicciamente nel mercato del lavoro negli anni ’80, durante la guerra Iran-Iraq, quando tanti uomini erano al fronte. E non ne sono più uscite, anche perché la crisi economica costringe ora le famiglie ad avere almeno due salari.

L’insofferenza delle iraniane nei confronti del velo è sempre più forte. Soprattutto nella capitale Teheran ci sono spiragli di tolleranza nei confronti delle ciocche di capelli che escono dai foulard. Molte donne portano il velo a metà testa, con generose frangette che escono sul davanti a coprire la fronte e code di cavallo che spuntano da dietro la stoffa. Il foulard – insomma – si assottiglia sempre di più e diventa quasi una fascia.

In un quartiere alto-borghese della capitale una pittrice ci racconta che nelle notti d’estate – quando è buio – lei e le sue vicine si trovano nella piscina condominiale per un tuffo in costume da bagno. In piena Teheran.

Sulle montagne sopra la capitale, le donne si scoprono il capo non appena vedono che non c’è polizia in giro. E sulle piste da sci, un cappello di lana sostituisce l’hijab.

Snowboard in Iran
  • Autore articolo
    Michela Sechi
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    Poveri ma belli - 03-12-2025

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    “Abbiamo sempre preferito la take imperfetta ma magica”: i Satantango raccontano il nuovo album

    Un debutto interessante quello dei Satantango, nuovo progetto shoegaze proveniente dalla provincia cremonese. Il duo, composto da Valentina e Gianmarco, è oggi passato a Volume per raccontare e suonare in acustico alcuni brani del nuovo album “Satantango”. Il titolo è lo stesso di un film ungherese del 1994 della durata di oltre sette ore: “l’ambientazione e le atmosfere sono molto simili a quelle che ci sono nei nostri posti”, spiega il duo. Tra shoegaze, dream pop e slowcore, l’album dipinge un immaginario bianco e nero tra malinconie di provincia e nebbia, cinema chiusi e un senso di innocenza perduta, ed è ricco di riferimenti a pellicole vintage come “Gioventù Amore e Rabbia”. L'intervista di Elisa Graci e Dario Grande e il MiniLive dei Satantango.

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