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Il razzismo irrompe nella campagna elettorale

Le precisazioni di Attilio Fontana non bastano.

“E’ stato un lapsus” ha detto il candidato leghista alla presidenza della Regione Lombardia per giustificare il suo appello alla difesa della “razza bianca” dall’immigrazione.

Si potrebbe obiettare che il lapsus in psicologia è la pulsione attraverso cui emergono desideri e pensieri inconsci.

Forse la sua dichiarazione resa a Radio Padania non fa parte di un calcolo elettorale, davvero è stata una frase sopra le righe pronunciata in un contesto amico. A maggior ragione, connota il pensiero e la cultura di un uomo che fino a oggi è stato accreditato come attento, pacato, ragionevole. Il “leghista moderato” capace di rassicurare l’elettorato.

Ammettiamo pure per un istante che l’infelice espressione “razza bianca” gli sia sfuggita, che non avrebbe voluto. Rimante intatta la gravità del pensiero che il candidato presidente ha esternato ai microfoni amici. “Dobbiamo decidere se la nostra etnia, se la nostra razza bianca, se la nostra società deve continuare a esistere o deve essere cancellata”. Che la locuzione “razza bianca” sia stata pronunciata volontariamente o meno, nulla cambia.

Si tratta di un pensiero razzista. Un pensiero che discrimina le persone in base alla presunta appartenenza etnica o razziale, un pensiero che immagina la politica come uno strumento di regolazione dei rapporti tra etnie, un pensiero che sollecita paure profonde nella mente dei cittadini ed evoca, forse involontariamente, fantasmi che in Europa hanno prodotto tragedie immani. L’ultima volta che la politica alimentò il conflitto tra etnie, nel nostro continente, fu nella Jugoslavia in dissoluzione alla fine degli anni ’90.

Fontana non è solo. Il leader della Lega, Matteo Salvini, da tempo ha consacrato la sua azione politica nel nome dell’etno-nazionalismo.

Salvini ha sdoganato in Italia concetti che prima di lui restavano relegati nei circoli della destra estrema e radicale e in ambienti minoritari della Lega Nord di Umberto Bossi. Salvini è stato il primo a urlare al pericolo della cosiddetta “sostituzione etnica” per via dell’immigrazione. Fontana non fa che arrivare dopo di lui quindi.

E se tutti i titoli e le attenzioni oggi sono sul candidato leghista in Lombardia, anche perché le sue parole sono un formidabile assist al Pd che cerca di convincere gli elettori di sinistra al voto utile per Giorgio Gori, a poche ore dalla decisione di Liberi e Uguali di non allearsi ai democratici e di presentare un proprio candidato, l’ex sindacalista della Cgil Onorio Rosati, le parole di Salvini in difesa di Attilio Fontana sono, se possibile, ancora più gravi. “Al governo normeremo ogni presenza islamica nel Paese, siamo sotto attacco, sono a rischio la nostra cultura, società, tradizioni, modo di vivere. E’ in corso un’invasione, il colore della pelle non c’entra e c’è un rischio molto reale: secoli di storia rischiano di sparire se prende il sopravvento l’islamizzazione fin’ora sottovalutata”.

Non vedo l’ora – ha continuato Salvini – che mi diate la possibilità di fermare questa invasione, organizzata e finanziata per cancellare la nostra cultura”.

Fino a ieri l’immigrazione non era ancora diventata tema della campagna elettorale e in effetti era stata una sorpresa. Poi all’improvviso l’argomento è comparso col botto.

Berlusconi va nella sua televisione e dice: “in Italia ci sono 476mila immigrati africani che sono poveri e per questo devono delinquere, la prima cosa che svaligiano quando entrano in una casa è il frigorifero”. Una fake news pericolosa, che associa l’immigrazione alla criminalità e alla lotta tra poveri per la sopravvivenza, trasformando l’immigrato in un nemico da combattere e da temere.

Salvini va oltre. Le sue parole descrivono la teoria del complotto, la finanza internazionale, le forze oscure che organizzano l’attacco alla civiltà occidentale.

Brutte ombre che ci si era illusi si fossero dissolte e invece no, sono ancora qui.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Un debutto interessante quello dei Satantango, nuovo progetto shoegaze proveniente dalla provincia cremonese. Il duo, composto da Valentina e Gianmarco, è oggi passato a Volume per raccontare e suonare in acustico alcuni brani del nuovo album “Satantango”. Il titolo è lo stesso di un film ungherese del 1994 della durata di oltre sette ore: “l’ambientazione e le atmosfere sono molto simili a quelle che ci sono nei nostri posti”, spiega il duo. Tra shoegaze, dream pop e slowcore, l’album dipinge un immaginario bianco e nero tra malinconie di provincia e nebbia, cinema chiusi e un senso di innocenza perduta, ed è ricco di riferimenti a pellicole vintage come “Gioventù Amore e Rabbia”. L'intervista di Elisa Graci e Dario Grande e il MiniLive dei Satantango.

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