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Il no dei liberali europei ai 5 Stelle

Non è durato il matrimonio tra grillini e liberali europei. Per la verità non è stato neanche consumato. Sono bastate poche ore dall’annuncio del voto online, a sorpresa, domenica mattina, fino alla chiusura delle urne virtuali, perché una buona parte dei deputati liberali dicesse “No, questo matrimonio non s’ha da fare” perché puzza di opportunismo poltico da tutte le parti.

Ci hanno provato – un bel blitz di Natale – l’eurodeputato grillino David Borrelli, per conto di Grillo, e Guy Verhofstadt (nella foto): hanno negoziato un accordo in quattro punti, due paginette, in cui si spartivano le poltrone destinate all’Alde (Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa), una vicepresidenza ai grillini, dei rapporti importanti e naturalmente l’appoggio dei 17 pentastellati all’elezione del nuovo presidente del Parlamento europeo che si terrà il prossimo 17 gennaio.

Era un accordo perfetto, almeno per loro due: Grillo si assicurava un futuro in Europa dopo l’uscita di scena dei nazionalisti di Farage, che comunque non ci saranno più dopo il 2019, e Verhofstadt provava la scalata per la presidenza del Parlamento. Solo che il resto del gruppo ha trovato questo blitz immondo, vergognoso, troppo distanti le posizioni tra i liberali pro libero scambio, pro immigrazione, pro rigore nei bilanci e pro euro e il Movimento 5 stelle, finora conosciuto per la sua alleanza con il nazionalista Farage, le sue critiche all’Europa, la proposta di un refererendum per uscire dall’euro.

La delegazione francese ha detto no, così come gli svedesi e persino un compagno di partito di Verhofstadt, l’ex ministro degli Esteri Louis Michel, padre dell’attuale premier belga. Questo accordo avrebbe fatto saltare il gruppo storico dei liberali, il più filoeuropeo che rimanga a Bruxelles. Ma ora scompare lo stesso. Le ambizioni cieche di Verhofstadt gli costeranno care, ha perduto in poche ore credibilità dentro l’europarlamento.

E che faranno i grillini, il cui capo ha scritto oggi una lettera d’addio a Farage? Andranno con Marine Le Pen, o nel gruppo misto, quindi senza soldi né rapporti da seguire, o torneranno con la coda tra le gambe dentro il gruppo di Farage almeno fino a fine legislatura?

  • Autore articolo
    Maria Maggiore
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    Lo stato dell’economia italiana. Il caso Italia è «un esempio per l’Europa», come ha scritto sul Financial Times una penna amica del governo Meloni un paio di settimane fa? Oppure – come sostiene invece Liberation (prima pagina 17 novembre ) – il governo Meloni è solo un miraggio economico? Pubblica ha ospitato l’economista Francesco Saraceno, il quale ha "spulciato" voce per voce le principali variabili dell'economia italiana: dal Pil ai prezzi, dall’occupazione ai salari, passando per la produttività, la gestione del debito pubblico e del fisco.

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