In una Turchia dove il pericolo attentati, i divieti e la stretta repressiva scoraggiano pesantemente manifestazioni e grandi assembramenti, in diverse città i cittadini turchi sono scesi in piazza per commemorare lo scrittore turco-armeno Hrant Dink nel giorno del decimo anniversario dalla sua morte.
A Istanbul più di duemila persone si sono radunate davanti alla sede della rivista e ora casa editrice Agos, fondata dallo scrittore, dove colpi di pistola lo raggiunsero uccidendolo. A premere materialmente il grilletto fu un ragazzo all epoca ancora minorenne che venne riconosciuto come unico colpevole e condannato nel 2011.
L’esito del processo e da sempre contestato. Per ammissione degli stessi giudici la vicenda mostrava fitte e oscure trame che coinvolgevano apparati dello Stato, esercito, servizi segreti e gruppi ultranazionalisti. Emerse anche l’organizzazione segreta denominata Ergenekon, che successivamente risultò promotrice di un colpo di stato.
“Parlare del processo fa male”, ha dichiarato dal palco a Istanbul la moglie, Rachel Dink, “ma tutti gli indizi, mostrano che colpevole è lo stato”.
Hrant Dink aveva dedicato la sua vita ai diritti civili e a quelli delle minoranze, e in particolare della minoranza armena. Aveva dato voce con estrema delicatezza a una delle questioni più laceranti per il Paese. Era un uomo pieno di amore che puntava all’ammissione di un crimine, il genocidio armeno, non per dividere ma per riconciliare la Turchia.
Cionostante negli ultimi anni sentiva forte l’odio che la sua azione suscitava in molti suoi concittadini e affermava che avrebbe voluto fuggire. Ma molto coraggiosamente sosteneva che se avesse compiuto questo passo, avrebbe tradito tutto quanto fatto.
Il suo assassinio sconvolse tutta la Turchia. Per la prima volta nella storia di questo Paese un corteo di oltre centomila persone sfilò ai suoi funerali lanciando slogan per la riconciliazione e mostrando cartelli che riportavano la frase “Siamo tutti Dink, siamo tutti armeni”.
In una fase come quella attuale dove vecchie e nuove divisioni stanno provocando conflitti e altre vittime innocenti, l’esempio e l’eredità di Hrant Dink sono fra quanto di più prezioso a cui fare ricorso.
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A ritmo di Reggae
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Ogni domenica dalle 23.45 fino alle 5.30 del lunedì mattina, conduce Vito War.
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Non è un programma di genere, non è un programma di novità discografiche, non è un programma di classici dell’underground, non è un programma di gruppi emergenti.
Ma è un po’ tutte queste cose mischiate insieme dal gusto personale dei conduttori.
Ad alternarsi in onda e alla scelta delle musiche sono Gigi Longo, Fabio Barbieri e Lino Brunetti, con un’incursione annuale di Alessandro Achilli che è stato uno storico conduttore del programma.
“La sacca del diavolo. Settimanale radiodiffuso di musica, musica acustica, musica etnica, musica tradizionale popolare, di cultura popolare, dai paesi e dai popoli del mondo, prodotto e condotto in studio dal vostro bacicin…”
Comincia così, praticamente da quando esiste Radio Popolare, la trasmissione di Giancarlo Nostrini. Ascoltare per credere.
Ogni domenica dalle 21.30 alle 22.30.
Sudedoss è il programma di infotainment che ogni domenica sera dalle 19.45 alle 21.30 accompagna le ascoltatrici e gli ascoltatori di Radio Popolare con leggerezza, ironia e uno sguardo semiserio sull’attualità. Conducono Matteo Villaci e Gaia Grassi, tra chiacchiere, musica, racconti e condivisione. Un momento per fare il punto sul weekend che sta per finire e prepararsi, insieme, alla settimana in arrivo, creando uno spazio di ascolto e partecipazione. Perché la domenica sera… ci dovete mollare.
Musica che si piglia perché non si somiglia. Ogni settimana un dj set tematico di musica e parole scelte da Piergiorgio Pardo in collaborazione con le ascoltatrici e gli ascoltatori di Radio Popolare.
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