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Gender Queer, un memoir di Maia Kobabe

Cosa significa essere una persona non binaria e asessuale? Come si arriva a definire la propria identità di genere, per sé stessi ma anche per e nei rapporti con gli altri?
Il graphic novel Gender Queer, un memoir scritto da Maia Kobabe (cobebǝ) esplora la questione attraverso una toccante autobiografia che è anche un viaggio alla ricerca della propria identità. E che può essere letto come una piccola guida sull’identità di genere, scritta da chi certi interrogativi li ha vissuti in prima persona e ha cercato di darsi le proprie risposte.
Maia Kobabe (cobebǝ) non ha avuto una vita difficile. Il libro non racconta di particolari episodi di bullismo o di discriminazione, anzi, dipinge una California del nord che tra gli anni 90 e 2000 è già piuttosto aperta ed empatica verso il mondo queer. Maia cresce in una famiglia che potremmo definire ‘alternativa’: a tre anni e mezzo vive in una casa in mezzo ai boschi, con la lavatrice e i bagni in giardino, alimentata da un mix di energia pulita e da dei generatori. In famiglia i compiti non sono ripartiti in base al genere e i suoi genitori come sua sorella più piccola sono amorevoli e disponibili all’ascolto. Tutto ciò però non impedisce a Maia di sentirsi a disagio nella sua pelle e di rendersi conto attraverso le interazioni sociali che qualcosa non va. Che c’è una discrepanza tra le attese e il comportamento degli altri nei suoi confronti e il suo vissuto, le sue sensazioni. Il suo rifiuto, sempre più viscerale, dell’essere identificatǝ con il genere femminile, senza per questo volersi sentire e presentare come uomo, lǝ porta a interrogarsi continuamente, a cercare una definizione che possa sentire sua. Ma ha anche delle conseguenze molto concrete sulla sua vita quotidiana, dalla scelta delle mutande alla vita sentimentale. Uno degli episodi più emblematici e forti è ad esempio quello della visita ginecologica, vissuta come una vera e propria violenza, fisicamente intollerabile.
Per questo graphic novel Maia, che prima aveva scritto principalmente racconti brevi, ha scelto di limitare i dialoghi, preferendo l’uso di didascalie e di una voce narrante, la sua. Ha anche costruito le pagine con poche vignette, che lasciano al lettore il tempo di assaporarle. In questo modo ha dato alla storia un ritmo più lento e intimo, su cui si innestano naturalmente anche delle spiegazioni un po’ più tecniche, come quella sui pronomi neutri e in particolare i pronomi Spivak e/em/eir (i/ǝm/ǝir), che un matematico americano ha introdotto in un libro di fantascienza per parlare di una razza aliena. O le liste di libri, che sono anche ottimi consigli bibliografici per chi cerca titoli occidentali a tematica queer. Il racconto, dedicato ai suoi genitori, è catartico ma ha anche un finale che potremmo definire aperto. Perché Maia ha ancora una lunga vita davanti e, come tutti noi, cerca ogni giorno di viverla al meglio senza tradire le proprie convinzioni, procedendo per tentativi ed errori e imparando ogni volta qualcosa di nuovo.

Gender Queer, un memoir di Maia Kobabe (cobebǝ). 240 pagine a colori, Becco Giallo, 20 euro.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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    Piazza Fontana: ricordiamo la strage e la risposta democratica

    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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