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Fare scuola sotto le bombe. La testimonianza dalla striscia di Gaza

Fare scuola sotto le bombe. La testimonianza dalla striscia di Gaza

Nella puntata di Terzo Tempo di questo sabato, la rubrica “Back to School” è andata a Gaza. Nella striscia, per il secondo anno consecutivo, più di 600mila bambini e ragazzi non hanno potuto ricominciare la scuola. Per i Gazawi l’istruzione è fondamentale, per questo la popolazione sta cercando di permettere ai bambini di continuare a studiare, con coraggio e in mezzo a tantissime difficoltà. Ce lo ha raccontato Fatima Abu Rashed, cooperante della ONG Vento di Terra che fino al 7 ottobre coordinava l’asilo La terra dei Bambini nel nord della striscia.

Al momento mi trovo nell’ovest di Deir el Balah, in quella che viene chiamata “zona umanitaria”. Sono in un rifugio per sfollati. E’ tutto molto difficile, i rifugi sono sovraffollati e le condizioni di vita sono pessime. Ma resistiamo. Tutti i bambini e ragazzi che sono qui, dovrebbero essere a scuola, dall’asilo all’università, che sarebbe dovuta iniziare settimana scorsa. Purtroppo non ci sono e questa ha un grande impatto su di loro. Innanzitutto ora i bambini hanno dei nuovi obblighi, dalla mattina al tramonto. Devono andare a cercare l’acqua, poi legna, cartone, plastica e qualunque altra cosa per fare il fuoco. Sono tutti impegni che vengono distribuiti tra i bambini: alcuni cercano l’acqua, altri la legna, altri ancora il pane. Iniziano alle 6.30 del mattino e fino all’una devono fare tutte queste cose. Non sempre hanno successo. Trovare il cibo non è semplice, spesso si devono spostare in altri rifugi per portare qualcosa alle loro famiglie. E’ tutto diverso. Prima si svegliavano alle 7 e andavano a scuola. Ora la scuola non c’è più.

C’è anche un altro fattore. Per noi palestinesi e soprattutto per noi a Gaza l’istruzione è importantissima. Siamo molto istruiti, ci teniamo tantissimo. Vanno tutti a scuola, e moltissimi fanno l’università. Tutti desiderano studiare perché crediamo che l’istruzione sia potere, e possiamo usare questo potere per liberarci dall’occupazione. Non abbiamo molte risorse qui, siamo agricoltori, c’è qualche terra ma ora non ci sono più nemmeno quelle. A Gaza studiare è fondamentale, vogliamo dare un futuro migliore ai nostri figli. Ai bambini manca tantissimo la scuola. È buffo come prima si lamentassero di dover andare a scuola e ora farebbero qualunque cosa per poterci tornare. Si rendono conto di quanto sia importante.

Poi c’è anche il tema della routine, che è importante per i grandi tanto quanto per i piccoli. Prima avevano la loro routine quotidiana ora non si sa più niente. Oggi magari sei in un posto, domani sei in un altro. Gli sfollamenti rappresentano una grande difficoltà per i bambini a Gaza. Hanno perennemente la paura di doversi spostare, di dover cambiare posto.
Per questo abbiamo creato i Temporary Learning Spaces, gestiti dalla comunità. E ne abbiamo sempre di più. Ce ne è uno in ogni rifugio per sfollati, a volte anche più di uno perché ce n’è davvero bisogno. Spesso sono donne rimaste sole che li gestiscono, che hanno tempo per insegnare. Purtroppo abbiamo risorse solo per insegnare ai più piccoli, i bambini delle elementari. Un po’ per una questione di spazio, un po’ perché è difficile trovare volontari. Sai, siamo molto più impegnati che in passato. Dato che non c’è elettricità dobbiamo fare tutto a mano, e dobbiamo fare il fuoco… quindi non è semplice.
I bambini, comunque, sono molto felici. All’inizio è stata proprio una festa per loro. Quando le donne hanno deciso di creare questi spazi di insegnamento temporaneo nel rifugio dove mi trovo i bambini erano tutti eccitati, gridavano “c’è una scuola, potremo studiare!”
Ci proviamo. Stiamo cercando di aiutare i bambini a non perdere un altro anno di scuola. Pensavamo che prima o poi saremmo potuti tornare a casa, che ci sarebbe stato un cessate il fuoco. Ma mi sembra chiaro che non ci sarà quindi cerchiamo di assicurare un futuro ai nostri figli.

  • Autore articolo
    Martina Stefanoni
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    L’esercito israeliano ha lanciato questa notte l’invasione di terra su Gaza City. Da ieri i carri armati sono entrati nel cuore della principale città della striscia, e i bombardamenti hanno colpito senza sosta strade, case, infrastrutture. Da questa mattina, i morti sono 89. Centinaia di migliaia di persone vivono ancora nella città. Migliaia di persone stanno invece cercando di fuggire, in un esodo verso un sud che non ha più spazio per ospitarli. Il servizio di Valeria Schroter.

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    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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    “E’ stato bello rendersi conto che la figura di Woodie Guthrie è ancora molto viva anche fuori dagli Stati Uniti”, racconta Sarah Lee, nipote dell’icona folk americana. “Le problematiche di cui cantava lui ottant’anni fa sono ancora attuali”, riferendosi al tema dell’immigrazione e alla difficile situazione al confine con il Messico. Con la sua musica Woody Guthrie "affrontava un concetto molto basilare di umanità e speranza, ovvero il trattare le persone come persone, aiutandosi a vicenda nei momenti di difficoltà": lo stesso messaggio che ora le Guthrie Family Singers vogliono portare avanti. Ascolta l’intervista di Elisa Graci alle Guthrie Family Singers.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Una Napoli sconosciuta in bianco e nero in “Sotto le nuvole” di Gianfranco Rosi

    Già vincitore di un Leone d’Oro per “Sacro Gra” nel 2013 e di un Orso d’Oro tre anni dopo alla Berlinale, Rosi riceve anche il Premio Speciale della Giuria di Venezia 82. In “Sotto le nuvole” l’esplorazione si sposta nella Napoli della circumvesuviana, in un bianco e nero inedito per la città dei mille colori, tra la terra che ogni tanto trema, sotterranei archeologici in mano alla camorra, la centrale dei Vigili del Fuoco, le fumarole dei Campi Flegrei e il Porto di Torre Annunziata con con una nave siriana che scarica grano ucraino. “È il mio primo film non politico” sostiene Rosi, eppure nel fuoricampo di “Sotto le nuvole” il non detto arriva anche in senso politico. L'intervista di Barbara Sorrentini

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