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Arrestato chi uccise nel ’93 tre pacifisti italiani

IoHanefija Prijić (Paraga) è un cittadino bosniaco di 52 anni, ex comandante del Terzo battaglione della 317ma brigata dell’esercito della Bosnia Erzegovina. Il 29 maggio 1993 ha ucciso tre volontari italiani Gornj Vakuf, nella Bosnia centrale: si chiamavano Fabio Moreni, Sergio Lana e Guido Puletti. La mattina del 28 ottobre alle 8.30 è stato arrestato all’aeroporto internazionale di Dortmund. Nel 2001 (a Travnik, in Bosnia) è stato condannato a 15 anni di carcere, dopo un processo che ancora ha lasciato molti dubbi, in particolare sui motivi per i quali Paraga ha aperto il fuoco. I motivi per cui è stato scarcerato non sono chiari.

I tre erano pacifisti, volontari del “Coordinamento iniziative di solidarietà con l’ex Jugoslavia” diretti alla città di Zavidovići per portare sostegno e aiuto ai cittadini colpiti dalla guerra. Tra loro, c’erano anche Christian Penocchio e Agostino Zanotti. Si sono salvati scappando nel bosco e chiedendo aiuto ai caschi blu dell’Onu scozzesi. Scampati d’un soffio alla morte. Queste le parole di Zanotti raccolte per Radio Popolare da Chawki Senouci nel 1993, subito dopo l’omicidio:

I media bosniaci riportano le parole di Dževad Saldić, console generale di Bosnia Erzegovina a Francoforte, secondo cui a ordinare l’arresto sarebbero state le autorità italiane. La speranza, quindi, è che dopo il processo bosniaco di Travnik se ne possa aprire uno in Italia per capire finalmente chi ha ordinato a Paraga di premere il grilletto contro gente disarmate. Ventidue anni dopo quei tragici fatti, Zanotti (oggi presidente dell’associazione che si occupa di richiedenti asilo e migranti Adl a Zavidovici, con sede a Brescia) reagisce così:

L’atmosfera di quegli anni e i dubbi ancora aperti su questa esecuzione dissennata li racconta ai microfoni di Radio Popolare Andrea Rossini, giornalista di Osservatorio Balcani Caucaso, organizzazione che mai ha smesso di seguire la vicenda. Fin dal primo processo del 2001.

  • Autore articolo
    Chawki Senouci
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    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei “A Gaza mancano cibo e rifugi, bisogna aprire il valico di Rafah”: è l’ennesimo appello che l’Onu rivolge a Israele. A quasi un mese dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, nella Striscia entra ancora solo una minima parte degli aiuti previsti; le agenzie umanitarie denunciano che Israele impedisce l’ingresso anche a tende, coperte e rifugi. I palestinesi della Striscia, in gran parte sfollati, non sono in condizione di affrontare la stagione fredda che si avvicina. L’esercito però, in violazione del cessate il fuoco, continua l’opera di demolizione degli edifici: dall’alba sono in corso raid aerei sui quartieri orientali di Gaza City. A livello diplomatico intanto gli Stati Uniti, intanto, portano avanti il loro piano per Gaza presso il consiglio di sicurezza dell’Onu: nelle scorse ore la risoluzione che autorizza la Forza internazionale di stabilizzazione è stata presentata anche ai paesi arabi coinvolti nel processo di mediazione tra Hamas e Israele. Da Deir al Balah, la testimonianza di Nicolò Parrino, responsabile logistica di Emergency a Gaza, intervistato da Chawki Senouci.

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