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Armi, soldi e risorse minerarie: chi guadagna dalla guerra in Sudan

Sudan

Ad alimentare la guerra in Sudan, cominciata più di due anni fa, ci sono diversi fattori. Divisioni etniche e politiche, interessi economici, ingerenze esterne.Questo in un paese che negli ultimi decenni ha visto solo regimi militari e conflitti di vario genere.In questa ultima guerra, cominciata nel 2023, si scontrano l’esercito regolare e i paramilitari delle Forze di Supporto Rapido, ufficialmente per il tentativo dei vertici militari di inserire queste ultime nelle forze armate.Oggi – dopo oltre due anni di combattimenti, almeno 150mila morti oltre 12 milioni di profughi – il conflitto sta producendo di fatto una spartizione del paese.Le Forze di Supporto Rapido controllano diversi territori nella zona occidentale, a partire dal Darfur, dove si trova la città di El-Fasher di cui si sta parlando molto in questo momento. L’esercito regolare controlla le regioni centro-occidentali. Negli ultimi mesi è stata per esempio decisiva la ripresa della capitale Khartoum.La fine della guerra è lontana. Anche perché entrambe le parti, come succede spesso in conflitti di questo genere, ricevano un notevole supporto esterno.Diversi gli attori in campo. Alcuni più importanti, altri meno.L’esercito regolare ha innanzitutto il sostegno dell’Egitto, suo alleato storico che condivide con il Sudan un lungo confine. Poi ci sono l’Arabia Saudita, che si trova dall’altra parte del Mar Rosso, e la Turchia, che attraverso il governo sudanese punta ad avare una presenza proprio sulla costa sul Mar Rosso. Alcuni analisti sostengono che l’esercito regolare, guidato dal Generale Al-Burhan, sia sostenuto anche dall’Iran che utilizzerebbe il Sudan per mandare rifornimenti agli Houthi dello Yemen.Le Forze di Supporto Rapido, guidate da Mohamed Dagalo, sarebbero invece finanziate e armate soprattutto dagli Emirati Arabi Uniti, interessati alle ricche risorse minerarie della zona occidentale del Sudan, proprio quella che controllano i paramilitari.Per far arrivare le armi in quella regione gli Emirati – che hanno sempre negato, contraddicendo diversi rapporti, anche delle Nazioni Unite – userebbero soprattutto il Ciad, che confina con il Sudan occidentale, e gruppi libici legati al generale Haftar. Anche per la Libia c’è un confine in comune.Tra gli altri sostenitori i paramilitari russi eredi del Gruppo Wagner e l’Etiopia.In un quadro interno già molto complesso i vari interessi esterni non fanno altro che alimentare ulteriormente le divisioni e allontanare ancora di più la possibilità di fermare la guerra.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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