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Addio a Nedo Fiano, raccontò l’inferno di Auschwitz

nedo Fiano

“Oggi vi racconterò l’inferno”.
Iniziava spesso così, Nedo Fiano, quando incontrava le ragazze e i ragazzi nelle scuole.
Nedo Fiano era uno degli ultimi testimoni viventi della Shoah. L’inferno era Auschwitz, dove fu deportato con tutta la sua famiglia fiorentina, vittima del progetto di sterminio degli ebrei da parte dei fascisti e dei nazisti. Fu il solo a sopravvivere. Aveva 15 anni.
Nedo Fiano è morto sabato, all’età di 95 anni.
Rimasto solo, la sua intera vita è stata dedicata a raccontare.
Raccontare l’orrore dei viaggi della morte, della violenza e del sadismo delle SS e degli altri aguzzini dei campi, delle torture, della morte per fame e sete, gelo, malattie, sfruttamento. Delle camere a gas e dei forni crematori. “Bastava che ti trovassero un pidocchio addosso, o che non riuscissi più a marciare al ritmo dell’orchestra che suonava durante gli spostamenti, e ti mettevano da parte, e dopo quattro ore eri cenere”.
Per decenni ha narrato l’inferno.
Parlando ai giovani, alle ragazze e ai ragazzi delle scuole. Per non dimenticare, e per trasmettere la memoria alle future generazioni.
Sulla sua scrivania teneva un pezzo di mattone annerito. In una intervista spiegò:
“L’ho preso ad Auschwitz, quando vi sono tornato. Faceva parte di uno dei quattro forni crematori del campo di sterminio, in uno dei quali è stata bruciata mia madre.”
“Auschwitz non si può rubare. Si possono rubare le insegne ma questo delitto unico nella storia non si può cancellare” disse una volta a Radio Popolare, quando fu rubata l’insegna all’inizio del campo di sterminio, che recitava: Arbeit Macht Frei, il lavoro rende liberi.
Fiano era il narratore dell’indicibile e dell’inimmaginabile. Uno degli ultimi viventi. Lascia l’eredità della memoria, da coltivare e tramandare. “Quello che è accaduto si può riprodurre, su delle pelli del colore diverso, con dei capelli diversi, vestiti diversi. Siamo ancora minacciati”.
Nedo Fiano era il papà di Emanuele Fiano, deputato del Partito Democratico.
Radio Popolare si unisce al cordoglio e al dolore di Lele Fiano e di tutta la sua famiglia.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    L’Europa e il bellicismo crescente delle sue classi dirigenti. L’ultimo caso, quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e la postura aggressiva che dovrebbe tenere la Nato. Cosa possono fare il pensiero e la cultura della pace per contrastare l’escalation bellicista e la normalizzazione della violenza? Le risposte possono non essere quelle consuete, soprattutto perché in Occidente stiamo assistendo ad un cambio delle coordinate geopolitiche costruite negli ultimi ottant’anni. Un esempio. Il settimanale «The Economist» ha scritto nella sua rubrica di geopolitica «The Telegram» apparsa oggi sulle pagine online: «In Europa le preoccupazioni per l’inaffidabilità dell’America sotto Donald Trump stanno lasciando il posto a un timore più grande: che, pur presentandosi come il campione della civiltà occidentale, egli consideri ormai le democrazie occidentali reali come avversarie. “Nella Washington di oggi” - scrive il nostro editorialista di The Telegram - l’Europa “è spesso descritta con maggiore disprezzo rispetto alla Cina o alla Russia”. Pubblica oggi ha ospitato Donatella Della Porta, scienziata della politica, e Agostino Giovagnoli, storico.

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