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A Milano sempre più poveri e senzatetto

A Milano aumenta la povertà. A dirlo è il XV Rapporto dell’Osservatorio diocesano presentato nella sede di Caritas Ambrosiana. Secondo i dati raccolti durante l’anno nei centri di assistenza, rispetto al 2015 sono aumentati i senzatetto, tra questi anche molti più italiani che oggi coprono il 40 per cento degli utenti. Il dato trova conferma a livello nazionale e infatti, i numeri dell’Istat dicono che proprio nel 2015 è stato registrato il picco più alto degli ultimi dieci anni di povertà assoluta con 4,5 milioni di individui (1 milione e 582mila famiglie).

A Milano, a rivolgersi meno ai centri di ascolto sono soprattutto le donne immigrate, anche perché il numero degli stranieri, in genere, è calato. “La crisi è stata un terremoto sociale: ha aperto una faglia dentro la quale sono finiti quelli che avevamo definito equilibristi, persone che stavano sospese sulla soglia delle povertà. Oggi sono proprio loro, in genere italiani ultracinquantenni che stanno facendo più fatica a risalire dal baratro in cui sono caduti”, ha detto il direttore di Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti. In generale la popolazione che chiede aiuto è invecchiata. Benché la metà degli assistiti dai centri Caritas sia in piena età lavorativa (25-44 anni), la loro presenza all’interno del campione negli otto anni considerati è scesa di 4 punti percentuali, a favore delle classi di età immediatamente successive (45-54 anni e 55-64 anni). In particolare i 45-54enni sono passati dal 19,5 al 23,2 per cento, i 55-64enni dall’8,4 al 12 per cento.

Gli anni della crisi hanno modificato profondamente anche i rapporti tra i gruppi nazionali all’interno della popolazione straniera assistita dai centri di ascolto. Emblematico il caso degli ecuadoriani che nel periodo pre-crisi (2005) rappresentavano il primo gruppo nazionale tra gli utenti dei servizi Caritas nonostante fossero la quinta nazionalità più rappresentata in Diocesi, mentre nel 2015 sono scesi al sesto posto tra gli assistiti, all’ottavo posto tra i residenti. Un calo dovuto oltre che a un’effettiva integrazione avvenuta in questi anni, anche allo sviluppo del Paese di origine che ha spinto un numero crescente di loro ad approfittare dei programmi di rimpatrio volontario.

“Tra i nuovi poveri ci sono poi i giovani che hanno lavori tanto precari ed intermittenti che non riescono a sostenere i costi degli affitti, tantomeno accendere un mutuo, specie nelle aree urbane. Per loro andrebbe fatta innanzitutto una politica della casa all’altezza della situazione”. Il rapporto, infatti, può documentare statisticamente è che tra il 2014 e il 2015, il numero di persone che ha espresso richieste correlate all’abitazione è ulteriormente aumentato dell’11,6 per cento, confermando una crescita costante durante tutto il periodo della crisi.

I dati del rapporto Caritas hanno allarmato il Comune e infatti l’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino ha annunciato un piano straordinario contro le povertà che utilizzerà 8,4 milioni di risorse messe a disposizione dal Programma operativo nazionale (Pon) per azioni di inclusione sociale che si uniranno alle misure fino ad oggi utilizzate. “In questo modo – ha detto Majorino – potremo intervenire ancora più efficacemente nel contrasto alla grave emarginazione degli adulti e sulla condizione dei senza dimora. Nei passati cinque anni Milano ha investito 154 milioni di euro in interventi di sostegno al reddito ed è la città, secondo quanto affermato dall’Istituto di Ricerca Sociale, che in Italia ha investito di più su questa area di bisogno”.

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    Nel giorno mondiale contro la violenza sulle donne, raccontiamo con Cristina Carelli, presidente di D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, i centri antiviolenza, oltre 110 in Italia con differenze però tra Nord e Sud, con quasi 4mila operatrici in stragrande maggioranza volontarie e quasi 30mila donne “ascoltate” all’anno. “Siamo realtà aperte e sempre presenti, le donne arrivano da noi spesso senza appuntamento e si rivolgono a noi quasi sempre liberamente - spiega Carelli - perché il presupposto del nostro intervento è la libertà di scelta della donna, lo sottolineiamo perché è in corso un tentativo di trasformarci in realtà di servizio e per imporre alle donne dei percorsi standardizzati, più istituzionali e di sistema, e non costruiti per ciascuna partendo dal consenso e dalla libera scelta di ogni donna”. Sottofinanziamento, soluzioni solo punitive, negazione della dimensione politica e culturale della prevenzione, la frontiera è sempre la società. Se sono le famiglie a decidere cosa è giusto o meno per l’educazione sessuale, stiamo riproponendo il problema. “Chiediamo al governo di essere coerente: bisogna lavorare sul fronte della cultura e della prevenzione”. La violenza non è solo un atto individuale, ma è resa possibile da scelte politiche e culturali che limitano la libertà delle donne, scrive Di.Re nella campagna “Tutto nella norma” che potete trovare sul sito: direcontrolaviolenza.it

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