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Come lo Stato Islamico cerca proseliti sul web

Isis è in difficoltà sul piano militare sia in Siria, sia in Iraq. Lo Stato Islamico retrocede a Raqqa e a Mosul. Sono due mesi che le notizie che arrivano dal campo fotografano questa situazione. Per la formazione, quindi, la “rivendicazione” dell’autore della strage di Orlando, Omar Mateen, è un forte veicolo di pubblicità per lo Stato Islamico. Sull’effettiva appartenenza di Mateen ai miliziani dell’Isis, però, ci sono forti dubbi.

Da un lato, la polizia cita la chiamata al 911 in cui il ragazzo si definisce “un soldato dell’Isis”. Dall’altra, però, c’è l’affermazione perentoria di Barack Obama durante la conferenza stampa post attentato: l’attentato è frutto “di estremismo interno”. In questa confusione, per due volte lo Stato Islamico ha messo il marchio alla strage di Orlando: la prima con una nota del gruppo di propaganda Amaq, la seconda con la propria emittente radio Al-Bayan, con sede a Mosul. Marika Spalletta, ricercatrice sociale dei processi culturali e comunicativi alla Link University di Roma, analizza il fronte comunicativo della guerra al fondamentalismo islamico. La strage di Orlando rientra anche in questo episodio.

Le modalità di comunicazione è “sia centralizzata, sia reticolare”, spiega. Due caratteristiche che si adattano non solo alla comunicazione, ma anche alla strategia terroristica adottata dall’Isis: “Da una parte abbiamo un’iniziativa che si inserisce nel disegno e nella strategia dello  Stato Islamico, dall’altra abbiamo una cellula isolata, dove il combattente è fortemente radicato e percepito ‘come uno di noi'”. “La strategia politica di rappresentare il soggetto politico di riferimento per il mondo islamico – aggiunge – si compenetra con la scelta di portare la guerra santa contro ‘gli infedeli’. Parlo anche degli attentati terroristici che rappresentano essi stessi azioni comunicative, oltre che sul campo. Ovviamente se un attentato lo commette un terrorista islamico che proviene dal territorio dell’Isis ha un peso, ma se lo compie una persona nata e cresciuta nella società occidentale, allora la forza dirompente del messaggio è molto maggiore“.

L’ultima figura sulla quale si stanno concentrando le indagini è Abu Taubah, un predicatore d’ispirazione salafita che organizza un seminario online sulla conoscenza del fondamentalismo islamico ( “Fundamental Islamic Knowledge Seminary”) a cui avrebbe partecipato anche Mateen. Prima di convertirsi, il nome dell’imam era Marcus Dwayne Robertson, ex Marine. nei sei anni che passa nell’esercito, fa il doppio gioco e diventa capo di una banda di rapinatori. Nel 1991 viene arrestatio e nel ’95 viene mandato dall’Fbi in Egitto come agente sotto copertura. Per un certo periodo ha lavorato come guardia del corpo di Skeikh Omar Abdul-Rahman, uno dei sette uomini incarcerati negli Stati Uniti con l’accusa di essere le menti degli attentati del 1993 al World Trade Center. Abu Taubah, il quale spesso pubblica video  su Youtube, si scaglia spesso contro gli omosessuali. Questa sua veemenzaha anti-gay ha spinto gli investigatori ad approfondire il legame tra i due.

Ascolta l’intervista a Marika Spalletta a cura di Raffaele Masto

Marika Spalletta

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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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