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La filantropia che fa il bene dell’agricoltura?

Il proverbio dice: “A caval donato non si guarda in bocca”. Eppure è quello che ha fatto l’organizzazione britannica Global Justice Now analizzando le donazioni della Bill e Melinda Gates Foundation. Grandi donazioni corrispondono ad un grande potere. Vuol dire decidere a chi dare finanziamenti, chi sostenere e quali politiche portare avanti. Tra i maggiori donatori al mondo c’è la Bill e Melinda Gates Foundation.

Basta andare sul loro sito per capire come le donazioni della fondazione spesso superino, e di molto, quelle della cooperazione statale di molti Paesi europei. L’Italia per il 2016 ha stanziato circa 400 milioni di euro. Tutt’altre cifre quelle della Fondazione che nel 2015 è arrivata a 4,2 miliardi di dollari.

La fondazione supporta progetti in un centinaio di Paesi del mondo: dalla ricerca alla salute, dall’istruzione fino all’agricoltura. Sono proprio alcuni progetti agricoli ad essere finiti sotto la lente di ingrandimento dell’organizzazione britannica. Nel mese di gennaio di quest’anno Global Justice Now ha pubblicato un report dal titolo “Gated Development. Is the Gates Foundation always a force for good?”.

Il report sostiene che la Fondazione favorisca, tramite il sostegno a progetti, l’azione di alcune multinazionali e la diffusione di un tipo di agricoltura industriale, molto diversa dalle pratiche sostenute e supportate dai movimenti contadini. Il report di Global Justice Now non è l’unico a sottolineare i legami con le grandi compagnie della chimica, dei fertilizzanti e delle sementi brevettate. Nel mese di marzo l’African Center for Biodiversity che si propone di promuovere la sovranità alimentare nei Paesi africani ha pubblicato un rapporto dal titolo “For your own good” che si concentra sull’impatto e la diffusione delle coltivazioni geneticamente modificate in Africa.

Secondo la ricerca il fondatore di Microsoft avrebbe finanziato la sperimentazione e la diffusione di alcuni ogm, in particolare per prodotti di largo consumo nei Paesi africani come il sorgo, il mais e il riso. Chi favorisce una donazione di questo tipo: i contadini o i colossi della chimica e delle sementi? Le organizzazioni contadine non hanno dubbi: a guadagnarci sono Monsanto, Dupont e Syngenta. Ad essere finito sotto i riflettori, in particolare, è il progetto lanciato nel 2006 dalla Bill e Melinda Gates e dalla Rockfeller Foundation “Alliance for a green revolution in Africa( AGRA)”.

Il progetto, si legge sul sito della fondazione, vuole facilitare l’accesso dei contadini a sementi di qualità e a fertilizzanti, migliorare la fertilità dei suoli, garantire i finanziamenti e la commerciabilità dei prodotti. Si tratta di obiettivi di tutto rispetto ma tra i soggetti partner elencati sul sito di AGRA compaiono Cargill, Syngenta e la African Fertilizer and Agribusiness Partnership. AGRA sul suo sito non nasconde anche il sostegno alla diffusione di semi ibridi o migliorati. L’approccio dell’agribusiness sembra essere dominante e poco spazio viene lasciato al processo di tutela delle risorse, della biodiversità e della sovranità alimentare. Per comprendere le preoccupazioni delle associazioni contadine basta guardare chi sono i destinatari delle donazioni della Bill e Melinda Gates Foundation. Si tratta in molti casi di soggetti che determinano le politiche agricole, che le sostengono e le implementano, come ad esempio: l’IFAD, ovvero il fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, i Ministeri dell’agricoltura, come quello etiope e la FAO.

  • Autore articolo
    Marta Gatti
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