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Atletica, la piaga del doping di Stato

Un atto di accusa senza precedenti. Una mina innescata sulla credibilità, per altro già vacillante, di un intero sistema.

Questo rappresenta il report sull’uso del doping nell’atletica leggera che è stato presentato a Ginevra da Wada, l’agenzia indipendente sulle sostanze proibite nello sport. L’inchiesta, innescata da rivelazioni giornalistiche, rischia di gettare gambe all’aria la disciplina e tutto ciò che vi gravita attorno. A pochi mesi dalle Olimpiadi, dove l’atletica è da tradizione regina.

Una volta di più, con testimonianze e documentazione alla mano, l’agenzia denuncia la capillarità della penetrazione del doping tra gli atleti e nelle federazioni. Un sistema occulto e criminale, che negli anni avrebbe alterato e celato test, coperto truffe grazie a agganci politici ai livelli più alti. Accuse che, se confermate, non solo avrebbero conseguenze giudiziarie, ma inevitabilmente porterebbero alla riscrittura della storia recente delle competizioni.

Sono tanti gli sportivi e le gare su cui sono posti dubbi, medaglieri e classifiche potrebbero uscirne stravolte. Al centro del lavoro di Wada la Russia. La figura più inquietante ritratta nelle 323 pagine del report, curato in prima persona negli scorsi 11 mesi dal numero uno dell’agenzia Dick Pound, è quella del direttore del laboratorio federale di Mosca, Grigory Rodchenko, che avrebbe distrutto una mole immensa di esami compromettenti. 1417 test mandati al macero per volere del ministro dello Sport del governo Putin Vitaly Mutko.

Quanto avvenuto in Russia negli ultimi anni, sostengono gli accusatori, rimanda a un tempo che fu: al doping di Stato che è stato prassi durante la Guerra Fredda. I professionisti dell’ente di controllo indipendente affermano di aver individuato un laboratorio non autorizzato alla periferia di Mosca, dedito all’alterazione dei risultati di sangue e urine. Durante le recenti Olimpiadi invernali di Sochi esponenti dei Servizi Segreti russi si sarebbero inoltre infiltrati nelle strutture antidoping per proseguire nell’opera di manipolazione.

Per tutti questi motivi la Wada ha chiesto la sospensione della federazione russa di atletica per due anni e il divieto ai suoi atleti di partecipare alle rassegne internazionali, Rio2016 compreso. È stata anche chiesta la radiazione a vita per cinque atleti, tra loro l’olimpionica degli 800 a Londra Mariya Savinova. Ai Giochi del 2012 la Russia risultò la seconda potenza del pianeta e ora rischia di essere mutilata.

Vanno lette sotto una nuova luce, a questo punto, anche le denunce giornalistiche condotte nel corso dell’estate dalla tv tedesca Ard e dal settimanale Sunday Times, secondo cui più di un terzo delle 146 medaglie assegnate a Mondiali e Olimpiadi tra il 2001 e il 2012 potrebbero essere irregolari. Inchieste apparse da subito affidabili, basate com’erano sui risultati di 12mila esami del sangue di 5mila atleti.

Il documento della Wada, il suo atto di accusa, inoltre arrivano a pochi giorni dall’arresto di Lamine Diack, presidente della Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica per 16 anni, sospettato di aver preso un milione di euro dalla federazione russa per coprire i test antidoping positivi. Una vicenda che, pur con tutte le differenze del caso, rimanda il Fifagate. Bisognerà capire ora quale sarà l’atteggiamento della Iaaf nei confronti dell’indagine, se ci sarà collaborazione oppure no. Il successore di Diack, lord Sebastian Coe, si è subito detto “allarmato” e pronto a prendere provvedimenti contro la Russia. Uomo del sistema da tempo, deve ora dimostrare di non potere né volere fare sconti a nessuno.

  • Autore articolo
    Dario Falcini
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