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    I “Sette Grandi” senza una leadership

    A cura di:

    Raffaele Liguori

    Il vertice dei G7 (26-27 maggio) non è mai stato nei suoi oltre quarant’anni di storia così vicino ad alcune delle aree di crisi internazionali più gravi. Taormina è a due passi da quel Canale di Sicilia attraversato ogni giorno da centinaia di persone in fuga dalla disperazione, provocata dalla guerra e dalla povertà. Molti di loro, milletrecentoquaranta persone dall’inizio di quest’anno, sono morti durante la traversata. Taormina è lontana cinquecento chilometri dalla coste libiche e duemila da quelle siriane. Libia e Siria, due paesi in cui la guerra e i conflitti armati hanno fatto centinaia di migliaia di vittime dal 2011. Bisogna risalire al 1994, a Napoli, sempre in Italia, per ritrovare un vertice del G7-G8 più vicino geograficamente a zone di crisi. Allora, in quell’estate di ventitre anni fa, era la guerra di Bosnia a far sentire la sua eco a quattrocento chilometri di distanza. Il governo italiano ha scelto Taormina perché vuole che il vertice abbia al centro il grande tema planetario delle migrazioni, di cui il Mediterraneo rappresenta solo uno spicchio. Nel 2015 su 65 milioni di persone migranti, soltanto un milione ha attraversato il Mare Nostrum. A Taormina, però, sarà difficile che l’uomo dei muri, Donald Trump, riesca a concedere alcunchè agli altri leader, in particolare agli europei. Di fronte all’estremismo xenofobo di Trump, gli altri leader da Merkel a Macron, da May a Gentiloni appaiono dei campioni dell’accoglienza. Ma l’Europa all’interno del G7 nemmeno chiederà agli altri partner l’adozione di quei corridoi umanitari invocati dalle Ong che operano nel Mediterraneo. E così sul tema delle migrazioni il vertice del G7 rischia di non andare oltre le rituali dichiarazioni. E di dimostrare di non avere una leadership chiara su un tema cruciale. Vedremo comunque come andrà a finire. La riunione di Taormina sarà segnata da una presa di posizione sul terrorismo jihadista internazionale, a maggior ragione dopo la strage di lunedì scorso a Manchester. Già oggi, nel vertice Nato di Bruxelles, i 28 membri dell’Alleanza atlantica dovrebbero approvare l’ingresso nella cosiddetta coalizione contro l’Isis. Nell’agenda del G7 ci sono poi tutti gli altri temi dell’attualità internazionale: dall’economia globale al clima, dai rapporti con la Russia a quelli con l’Iran e la Corea del Nord. Memos oggi ha ospitato Andrea Goldstein, capo economista di Nomisma, il centro di ricerca su economia e politica italiana e internazionale di Bologna. Goldstein ha lavorato per diversi anni all’Ocse, all’Onu (presso la Commissione economica e sociale per l’Asia e il Pacifico) e alla Banca Mondiale.

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    Gli accampamenti alla Columbia University contro i fondi per Israele in un documentario

    Kei Pritsker, regista con Michael T Workman del documentario “The Encampments”, racconta ai microfoni di Radio Popolare i retroscena della protesta studentesca pro Palestina alla Columbia University. “Gli studenti della Columbia protestano da anni per la Palestina e per ottenere che l’università dismetta gli investimenti in Israele – spiega Pritsker. L’università ha un ingente fondo di dotazione che investe in ogni sorta di attività, molte delle quali riguardano aziende produttrici di armi, aziende manifatturiere che realizzano armamenti, motori per elicotteri, bulldozer e ogni tipo di attrezzatura utilizzata in queste operazioni”. “The Encampments” fa parlare i ragazzi e le ragazze di questo movimento studentesco che dall’aprile del 2024 ha montato le tende nel giardino del Campus per chiedere trasparenza, il ritiro del denaro dagli investimenti israeliani e l’amnistia per gli studenti puniti per le proteste. “Chiunque creda ancora a questa narrativa sull’antisemitismo nel movimento per la Palestina dovrebbe semplicemente guardare il film – assicura Kei Pritsker”. Al momento “The Encampments” ha una distribuzione indipendente che lo diffonde nei cinema più coraggiosi. L'intervista di Barbara Sorrentini per la trasmissione Chassis.

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    Manovre pericolose

    L’undicesimo episodio del podcast dell’Alleanza Clima Lavoro, a cura di Massimo Alberti, è dedicato a un tema centrale del dibattito pubblico: la Legge di Bilancio, ovvero lo strumento chiave per orientare la nostra spesa pubblica. Da sempre l’Alleanza Clima Lavoro richiama la necessità di sostenere il percorso di transizione verso un’economia a zero emissioni, integrando politiche climatiche, industriali e del lavoro, e rafforzando al contempo il welfare e la qualità della vita delle persone. La manovra economico-finanziaria del Governo per il 2026 procede, purtroppo, in direzione opposta: è una “manovra pericolosa” che, oltre a non offrire una prospettiva di decarbonizzazione, prevede un aumento delle spese militari cui si accompagnano tagli o mancati investimenti in sanità, istruzione, ambiente e politiche industriali. Nel corso della puntata emergono tutte le criticità di una Legge di Bilancio che rinuncia a svolgere un ruolo di indirizzo strategico per il futuro del Paese. Il confronto tra l’analisi della manovra e le proposte alternative per migliorarla rilancia una domanda di fondo: quale modello di sviluppo intendiamo davvero perseguire?

    Clip - 27-12-2025

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    Dal 2011 è la trasmissione dedicata all’hip-hop di Radio Popolare.

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    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

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    Poesie, liriche, sonetti, slam poetry, rime baciate, versi ermetici, poesie cantate. Ogni settimana Percorsi PerVersi incontra a Radio Popolare i poeti e li fa parlare di poesia. Percorriamo tutte le strade della parola poetica, da quella dei poeti laureati a quella dei poeti di strada e a quella – inedita – dei nostri ascoltatori.

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