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La scalata di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi

Giorgia Meloni ANSA

Giorgia Meloni vorrebbe diventare la prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica.

Sarebbe paradossale che una conquista di civiltà – le donne nei ruoli di governo sono storicamente poche in Italia, e mai nella casella principale – venisse incarnata da una persona che non ha rinnegato le sue origini fasciste. Meloni non riesce e non vuole definirsi antifascista, si nasconde in maniera un po’ goffa dietro al generico scudo dell’antitotalitarismo.

E il Movimento Sociale, la fiamma tricolore, Almirante? Giorgia da questo punto di vista rappresenta un bel passo indietro rispetto, ad esempio, a un Gianfranco Fini che ebbe a dire del fascismo “è il male assoluto”. Poi però Fini fece politicamente una brutta fine, evidentemente agli elettori della destra questa cosa non piacque. Lei lo ricorda bene e oggi tace.

Nel frattempo si è dotata più che altro di una abile strategia di marketing.

Non ha mai cantato faccetta nera” ci fa sapere il marito, giornalista Mediaset che dice di se stesso “sono di sinistra”. E nel suo libro di recente uscita per una importante casa editrice, Meloni descrive la sua infanzia in un quartiere popolare e di sinistra, la Garbatella a Roma, quella di Nanni Moretti, e ci propone un’autobiografia che potrebbe tranquillamente essere sovrapponibile a quella di una persona che poi, invece che bussare all’indirizzo del Fronte della Gioventù, si fosse rivolta a un partito progressista.

Ok, ma quelli erano neri.

“Mi aprì la porta un ragazzo che si faceva chiamare Marta” scrive ricordando quel giorno.
E Colle Oppio, la famigerata sede dei duri del neofascismo? Un luogo dove si dibatteva appassionatamente di Tolkien e di libertà, nei suoi ricordi.
Il tentativo è quello di accreditarsi come una leader pop, al passo coi tempi, responsabile. La aiutano il sostegno crescente della stampa, basti leggere certi editoriali su certi quotidiani che si pongono l’obiettivo di rappresentare la borghesia riflessiva italiana, e soprattutto l’incarnare di fatto la sola opposizione al governo Draghi.

Gli italiani sono stanchi e impoveriti, tra poco finirà pure il blocco dei licenziamenti mentre stiamo ancora soffrendo per la vita a metà causa COVID.
Stare all’opposizione rende molto di più che stare nella stanza dei bottoni.

L’anno prossimo, invece, sarà tutto diverso. E Giorgia Meloni si prepara.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Se ne parla solo quando c'è un suicidio, ma il tema della salute mentale negli istituti penitenziari va ben oltre i fatti di cronaca nera ed è un tema che investe chiunque abbia a che fare col carcere. Detenuti e detenute in primis, ma anche chi tra quelle mura ci lavora: educatori e educatrici, psicologi e psicologhe, agenti di polizia penitenziaria. Tra sovraffollamento, scarse condizioni igienico-sanitarie e politiche poco umane, si rischia di impazzire. Ne abbiamo parlato con il consigliere comunale di Milano Alessandro Giungi, il consigliere regionale lombardo Luca Paladini, il nuovo garante dei detenuti di Milano Luigi Pagano, col coordinatore del dipartimento di amministrazione penitenziaria della Fp-Cgil della Lombardia Andrea De Santo e con la coordinatrice di Antigone Lombardia Valeria Verdolini.

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