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Greenpeace: sul clima la partita comincia adesso

È stato il Presidente di Cop 21 Laurent Fabius a dare l’annuncio tanto atteso alla Conferenza sul Clima di Parigi: l’accordo è stato raggiunto. Dopo quasi due settimane di negoziato, i delegati dei 195 Paesi ce l’hanno fatta. L’accordo è un passo avanti rispetto alla bozza iniziale, e i punti salienti sono tre. Il tetto al rialzo della temperatura è stato fissato a 1,5 gradi anziché 2. Sono diventati più stringenti gli impegni sul fronte economico per i paesi in via di sviluppo: 100 miliardi l’anno a partire dal 2020. E c’è l’impegno a rivedere i programmi nazionali contro i gas serra ogni 5 anni.

“Sicuramente è successo qualcosa di importante, ci dice il direttore esecutivo di Greenpeace Italia Giusepe Onufio, anche se, come ci aspettavamo, non è un successo che risolve il problema ma mette in moto un processo. Questo non era mai avvenuto. Nel testo ci si riferisce, anche in un modo un po’ contorto, alla necessità di azzerare le emissioni nette nella seconda metà del secolo. Ma siccome il testo fa riferimento espressamente alla commissione intergovernativa dei cambiamenti climatici, l’interpretazione corretta è quella secondo la quale va seguito lo scenario della commissione e quindi sostanzialmente vanno eliminate le fonti fossili grosso modo nella metà del secolo. Sul piano finanziario – prosegue Onufrio – l’accordo è meno buono di quello che avrebbe dovuto essere, ma i cento miliardi per i paesi poveri ci sono. Diciamo che si è fatto qualcosa di più di quello che fino adesso si era promesso. Almeno nel testo finale questo aspetto è migliorato. Non c’è un riferimento preciso alla deforestazione e ciò rende i riferimenti ai popoli indigeni più deboli. Nel complesso direi che la partita vera comincia adesso. Non pensiamo che questo sia un punto di arrivo, ma un punto di possibile partenza per fare sul serio.

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    Raffaele Masto
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    Società Civile per il No. È nato il comitato, promosso da vari esponenti della società civile, da sindacati, associazioni e realtà democratiche, che sostiene le ragioni del No al referendum costituzionale sulla riforma della Giustizia del Guardasigilli Carlo Nordio. Presieduto da Giovanni Bachelet, il comitato ha nel direttivo nomi importanti come il segretario della Cgil Maurizio Landini, la presidente di Libertà e Giustizia Daniela Padoan e l’ex ministra Rosy Bindi. I principali punti del comitato vertono sul fatto che una magistratura autonoma, indipendente, che non guarda in faccia a nessuno sia una cosa che conviene ai cittadini. Il prossimo 10 gennaio a Roma si terrà la prima assemblea generale, per la partenza della campagna referendaria, che vedrà la nascita di comitati territoriali in tutta Italia per lanciare una campagna informativa sulle ragioni del No. “Riteniamo che sia una battaglia per evitare che venga minato un principio fondamentale della nostra democrazia”, ha detto Rosy Bindi, che fa parte del direttivo del comitato, nella nostra trasmissione Radio Sveglia. L'intervista di Alessandro Braga.

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