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    Aziza Brahim: Sahari

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    Abbar el Hamada, album di Aziza Brahim pubblicato dalla Glitterbeat, è risultato il più votato nel consuntivo generale del 2016 di World Music Charts Europe, la classifica, a cui anche Radio Popolare contribuisce, e a cui Musiche dal mondo è collegata. Una cantante dunque di successo nel circuito della world music, ma anche una figura importante per l'identità e la cultura sahrawi: nata nel '76 in un campo di profughi sahrawi in Algeria, nelle sue canzoni parla di rifugiati, di muri, di oppressione, di esilio, e, dopo la prematura scomparsa nel 2015 di Mariem Hassan, cantante sahrawi di una generazione più anziana, Aziza Brahim è oggi l'artista sahrawi più nota a livello internazionale. Una canzone di Sahari - nuovo album di Aziza Brahim pubblicato sempre dalla Glitterbeat - ha un testo scritto appositamente da un grande poeta sahrawi, Zaim Alal, che vive in un campo di rifugiati, e parla dell'ingiustizia che patiscono i sahrawi, a cui è impedito tornare nella loro terra. "Ma non si tratta solo di noi - commenta Aziza Brahim - ci sono oggi nel mondo decine di milioni di persone che sono state costrette a forza a lasciare le loro case". Per Aziza Brahim una "normalizzazione dell'ingiustizia" di cui non solo i sahrawi sono vittime.

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    La COP30 in Brasile era partita con due obiettivi: triplicare i fondi per i paesi in via di sviluppo colpiti dagli effetti del riscaldamento globale e sottoscrivere un percorso per l’uscita dalla dipendenza e dall'uso dei carburanti fossili. Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, un risultato su due è stato portato a casa. Ma chi avrebbe potuto fare pressioni per ottenere di più non l’ha fatto: gli USA assenti hanno boicottato, ma anche Cina e India, non pervenute, di fatto, mentre una Ue divisa alla fine ha battuto un colpo. Resta lo sforzo dei Paesi per raggiungere i loro obiettivi. L'analisi di Sara Milanese e il commento di Eleonora Cogo, responsabile del team Finanza in ECCO, il Think Tank sul cambiamento climatico. L'Europa cambia il piano Trump in almeno tre punti: nessuna concessione territoriale alla Russia prima del cessate-il-fuoco, un esercito per l'Ucraina più grande e nessun limite alle sue alleanze, l'uso dei fondi russi congelati in Europa per la ricostruzione (e no al 50% agli USA): sarà un piano digeribile anche per Trump? L'analisi di Federico Baccini, nostro collaboratore da Bruxelles. Infine Luigi Ambrosio inviato a Napoli per le elezioni regionali ci racconta il peso straordinario dell'astensionismo.

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    - Non morti, omicidi. Sulle centinaia di giornalisti uccisi a Gaza intervista al presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli. L’occasione è il film su Fatma Hassona, la fotoreporter uccisa poco prima di andare al Festival di Cannes per il film girato da Sepideh Farsi sulla sua vita. Fondazione Diritti Umani vi invita all’anteprima che si terrà il 25 novembre alle 21.15 al Cinema Ariosto di Milano. - Ogni meta un kit scolastico per i bambini nelle zone di crisi. E’ l’iniziativa della nazionale italiana di rugby. Con Leonardo Ghiraldini, 107 partite con la maglia azzurra, parliamo di questo e dello sport per tutti e tutte. - Ultimi giorni per segnalarci il vostro luogo più simbolico della Resistenza a Milano. Dai vostri suggerimenti ne sceglieremo 3 perché diventino altrettanti podcast. In Rights Now sentiremo i luoghi scelti da Primo Minelli, presidente dell’ANPI provinciale di Milano. A cura di Danilo De Biasio. Per suggerimenti: direzione@fondazionedirittiumani.org

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