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“La Siria era la mia àncora di salvezza”

“La mia vita è sempre stata con me, i ricordi della mia vita mi hanno sempre accompagnata, ma ho deciso di raccontarla adesso perché sentivo la necessità di fare un omaggio a Damasco e a tutta la Siria, ormai in buona parte distrutta. Il mio racconto è un omaggio ai cittadini siriani, anche ai rifugiati, per ricordargli la bellezza del loro Paese in un momento così difficile”. È questa la motivazione che ha spinto Suad Amiry a scrivere il suo ultimo libro, Damasco (edito da Feltrinelli).

Dopo aver ambientato i suoi precedenti romanzi in Palestina Suad Amiry ha deciso di allargare la prospettiva a quella che un tempo era La Grande Siria (Siria, Libano, Giordania, Palestina) dove si muovono i personaggi, tutti reali, che sono stati i protagonisti della storia della sua stessa famiglia.

“Questo è un libro sulla bellezza, sulla cultura, sul cibo, sulla musica”, ci racconta Suad Amiry, ospite nell’Auditorium di Radio Popolare. In un Medio Oriente attraversato da così tante crisi capita spesso di pensare che le nostre siano state vite sprecate e che i nostri luoghi di origine non ci appartengano più. Ecco, scrivere della propria famiglia, una delle cose più intime che si possano fare, è un ottimo modo per recuperare fiducia e per riappropriarsi di quei luoghi e della propria vita”.

Damasco racconta la storia della famiglia allargata di Suad Amiry e della casa di suo nonno materno nel pieno centro della capitale siriana. Una storia che va dalla metà del diciannovesimo secolo fino ai giorni nostri, anche se il libro si ferma praticamente alla fine degli anni ’60, in concomitanza con l’arrivo al potere della famiglia Assad.

Una vera e propria “saga familiare”, come la definisce la stessa autrice, ben ancorata alla storia di quella regione. Sullo sfondo delle dispute familiari c’è la fine dell’impero ottomano, “un periodo – osserva quasi stupita Suad Amiry – durante il quale c’era almeno la libertà di movimento. Pensate, mio nonno poteva andare da Amman a Beirut e da Damasco a Istanbul senza alcun problema. Oggi è impossibile, pensate a tutti i confini e a tutti i muri che ci sono in Medio Oreinte”.

Come in tutte le famiglie ci sono cose buone e cose cattive. Suad Amiry dipinge anche i ritratti di personaggi difficili, che nella storia della famiglia Baroudi sono i personaggi più negativi. “A un certo punto temevo che molti parenti non mi avrebbero più parlato, ma poi mi sono resa conto che tutti vogliono essere citati. Tutti sono contenti di essere parte di un libro”.

Le protagoniste indiscusse della storia della famiglia Baroudi sono le donne, come succede in molti luoghi del Medio Oriente. Suad Amiry è cresciuta all’ombra di donne molto forti, che sono tra le protagoniste del suo libro Damasco. “Mia zia Laila, per esempio, ha comandato la famiglia per molti anni, e anche mia madre aveva un carattere piuttosto forte. Di solito sottovalutiamo quelle che definiamo ‘società tradizionali’. Molte volte chi parla delle donne in Medio Oriente o nel mondo arabo non si rende conto della forza che hanno lì le donne, del ruolo fondamentale che ricoprono. Mia zia Laila, nonostante ci fossero molti uomini in famiglia, era quella che comandava, con fare dittatoriale, l’intera comunità”.

Nel 2016 un libro intitolato Damasco non può non portarci alla guerra di questi anni.

Suad Amiry, che oggi vive a Ramallah, nei territori palestinesi, non ama parlare della situazione politica in Siria, ma non può fuggire dalle sue stesse origini. “La Siria è sempre stata la mia ancora di salvezza. Da bambina sono andata più volte dai nonni a Damasco quando la situazione familiare o quella intorno a noi si complicava. E la stessa Damasco era anche la mia ancora dell’abbondanza. Porto sempre con me le immagini, i suoni, gli odori dei bazar e dei suq. Quando penso alla guerra di oggi, quando penso a una città come Aleppo completamente distrutta temo che la mia ancora non esista più. Anche per questo era importante scrivere questo libro. Per ricordare a me e alle nuove generazioni che c’era un’altra Siria”.

Suad Amiry nasce come architetto e come architetto lavora a Ramallah, dove ha fondato il Riwaq Center for Architectural Conservation. In Damasco racconta della nonna che alla fine del diciannovesimo secolo provava a immaginarsi la bellezza di Istanbul. Nonostante la guerra e le tantissime vittime Suad Amiry riesce ancora a immaginare la Siria di domani. “In Medio Oriente possiamo solo sopravvivere con la speranza. Se penso all’Europea alla fine della Seconda Guerra Mondiale mi convinco che anche noi saremo capaci di ricostruire il nostro paese. Non possiamo mica vivere perennemente in guerra. Non vedrò più il Medio Oriente della mia infanzia ma anche questa guerra finirà”.

Il ritratto di Damasco e di casa Baroudi, persino le dinamiche dei fastosi pranzi del venerdì, ci raccontano molto della Siria di oggi. La lettura dell’ultimo libro di Suad Amiry è quindi consigliata a tutti coloro che vogliono capire qualcosa di più della crisi in Medio Oriente.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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