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Motorpsycho: c’è vita (elettrica) a Trondheim

Nel 2014 i norvegesi Motorpsycho (ovvero Hans Magnus Ryan – chitarra solista, voce; Bent Sæther – voce, basso, chitarra ritmica; Kenneth Kapstad – batteria) furono interpellati dal Norsk Teknisk Museum – Museo della Scienza e della Tecnica – di Oslo, che stanziò un congruo budget affinché il trio di Trondheim componesse dei brani originali per celebrare i primi cento anni di vita del museo. Hans, Bent e Kenneth accettarono.

Da sempre favorevoli alle collaborazioni estemporanee (un esempio significativo: il lavoro realizzato nel 2003 con il collettivo Jaga Jazzist per la serie “In the fish tank”, prodotta dall’etichetta olandese Konkurrent) i tre chiamarono il vecchio amico Ståle Storløkken. Compositore, tastierista e arrangiatore, nel 2012 herre Ståle scrisse e suonò e con i Motorpsycho il capolavoro di noise-prog “The Death Defying Unicorn”. Rallegrato dall’invito, si unì al trio.

Il materiale fu composto, messo a punto ed eseguito dal vivo. Successivamente i pezzi furono ripresi in mano e arricchiti un po’ qui e un po’ là, finendo per diventare il corpus di un nuovo disco, ovvero “Here Be Monsters“. Uscito sul finire dell’inverno 2016, questo viaggio in compagnia dei mostri creati dai Motorpsycho è uno straordinario nonché attualissimo esempio di prog psichedelico con venature cantautorali.

Sappiamo che le catalogazioni di genere lasciano il tempo che trovano ma siamo anche consapevoli che: (1) indicare il genere e/o i generi di un disco permette a chi legge – sempre che qualcuno legga ancora qualcosa di diverso dai ‘post’ in questo distratto e distrutto terzo millennio – di avere un’indicazione utile, come a dire: «Se amate il reggae siete nel posto sbagliato», (2) argomentare in modo attendibile è fondamentale per accostare rtisti e audience, (3) la categoria dei giornalisti è funestata da un’orda di pappagalli a caccia di accrediti e presentazioni con buffet ma ci sono anche professionisti seri, come noi, che trasferiscono concetti e informazioni con scrupolo, precisione e accuratezza.

Here Be Monsters è un album affascinante e molto vario. Ci sono momenti pacati e quasi meditativi come “Sleepwalking” e “Sleepwalking Again”, brani spigliati ed eleganti come “Lacuna/Sunrise” e lo strumentale “Running With Scissors”, fulmini a ciel sereno come la travolgente suite “Big Black Dog” e il brutale vortice di energie di “I. M. S. A.” quasi trent’anni dalla loro costituzione i Motorpsycho continuano a produrre dischi sopra la media e non risentono in alcun modo di crisi creative, a dispetto dell’impegno continuativo. «Io non credo che gli artisti possano consumarsi a causa del troppo lavoro» ci ha detto Hans Magnus Snah Ryan quando lo abbiamo incontrato a Milano, «La teoria del blocco dello scrittore non è credibile. Forse può capitare che ci sia un blocco a livello mentale ma si tratta di una questione psicologica e non di un problema creativo. Per i Motorpsycho la cosa più importante è poter continuare a lavorare».

Accanto ai sei brani inediti di Here Be Monsters compare anche un classico semi-psichedelico degli anni Sessanta, ovvero “Spin, Spin, Spin” di Terry Callier. L’interpretazione dei Motorpsycho prende le mosse dall’arrangiamento della band H. P. Lovecraft. Snah: «Avevamo inciso sei brani inediti a ci mancava qualcosa per completare l’album. Bent Sæther propose di inserire “Spin, Spin, Spin”, che scoprimmo più di venti anni fa grazie al nostro ex-batterista Kjell Runar Jenssen. Era l’idea giusta e così il brano è entrato nel disco. La versione live di questo pezzo, però, è molto, molto più aspra e selvaggia di quella che trovi in Here Be Monsters».

Per quanto riguarda l’imminente estate 2016 i Motorpsycho non stanno pensando alla villeggiatura: in programma c’è la realizzazione di canzoni inedite per una pièce teatrale e stanno già pensando al prossimo album. Restiamo in trepidante attesa di ascoltare nuove meraviglie sonore prodotte dall’inarrestabile trio di Trondheim.

MiniSonica Intervista Motorpsycho

  • Autore articolo
    Maurizio Principato
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