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Il futuro della SIAE: è possibile cambiare?

In questa prima giornata della quinta edizione di Medimex, Salone dell’Innovazione Musicale organizzato da Puglia Sounds che Popolare Network seguirà con attenzione in questi giorni (qui i dettagli delle dirette curate da Maurizio Principato e Niccolò Vecchia), uno degli incontri più attesi e partecipati è stato quello intitolato “Autori del cambiamento”, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Filippo Sugar, neo-presidente SIAE, e di Manuel Agnelli, leader degli Afterhours.

Si parlava, insomma, di uno dei temi più dibattuti e incendiari in ambito musicale. La SIAE infatti si è negli anni conquistata con costanza e impegno una fama pessima, tanto da diventare una specie di capro espiatorio per ogni stortura del settore, riuscendo perfino ad andare oltre le sue pur pesanti responsabilità.

Invece di essere percepita come il baluardo per la difesa di un diritto fondamentale, ovvero quello della giusta retribuzione per chi crea un’opera d’arte o per chi rende tale opera disponibile al pubblico, SIAE è diventata agli occhi di molti, se non di quasi tutti, un monumento alla disuguaglianza, al privilegio di pochi, alla peggior burocrazia.

Come se non bastasse tutto questo, il precedente presidente di SIAE, Gino Paoli, dopo aver dato degli evasori fiscali ai teatri occupati italiani, come il Valle di Roma o il Coppola di Catania, è incappato, lui sì, in una brutta storia di evasione.

Così quando il 43enne Filippo Sugar, amministratore delegato di Sugar Music dal 2003, è diventato il più giovane presidente della storia di SIAE, davanti a sé ha trovato una sfida davvero notevole. Ricostruire l’immagine della Società Italiana Autori ed Editori non sarà facile: quando ieri pomeriggio si è seduto davanti ai nostri microfoni, non potevamo che partire da qui.

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Come si trova a interpretare questo ruolo decisamente complicato?
Fare il presidente di SIAE in questo momento è come essere alla guida di un aereo durante un volo transoceanico e contemporaneamente dover cambiare a quell’aereo il motore e molti altri pezzi fondamentali. Per poi fare atterrare questo aereo rinnovato in modo sostanziale: più moderno, più trasparente, più efficiente.

E come sta avvenendo questo cambiamento?
Il rinnovamento in SIAE è già in atto da un po’: abbiamo ridotto molto il numero dei dirigenti, con un’età media che oggi è di circa 44 anni. Abbiamo un grande spirito di corpo e vogliamo che SIAE diventi una grande opportunità per il sistema culturale del paese. Per riuscirci abbiamo due anni di tempo, quando scadrà il mio mandato.

Una sfida non da poco, anche perché su SIAE si concentra un astio che forse va anche al di là delle vostre responsabilità. Quali sono secondo lei le principali falsità che si dicono su di voi?
Si pensa che SIAE sia un esattore, mentre non fa altro che andare a raccogliere i diritti d’autore, che è poi l’unica vera forma di retribuzione di un autore. Gli autori non hanno alcuna garanzia di lavoro, buona parte della loro vita è basata sul rischio. Scrivono, portano al mercato, e solo se il loro brano funziona la SIAE potrà raccoglierne i proventi. Il 50% di quello che si dice su SIAE è sbagliato, frutto di molta demagogia, ma anche del fatto che SIAE non è stata mai capace di raccontare in modo chiaro quello che fa.

Però c’è anche un altro 50%…
L’altro 50% dipende invece dall’incapacità che SIAE ha evidenziato di cambiare nei tempi e nei modi con cui cambiava il mondo che la circondava. Noi ora stiamo recuperando questo 50%, perché vogliamo dimostrare che già oggi SIAE non è inferiore a livello di prestazioni rispetto alle sue consorelle europee. Ma dimostreremo anche che SIAE è l’unica possibilità in un futuro globale, quale quello che la musica digitale ci impone, per mantenere un peso e un valore per i nostri autori e per la nostra identità culturale.

Per ascoltare l’intervista integrale con Filippo Sugar, presidente di SIAE, registrata al Medimex di Bari, clicca qui sotto!

Filippo Sugar intervista a Radio Popolare

Poco dopo, sulla stessa sedia e allo stesso microfono, si è seduto Manuel Agnelli. Che non è solo il leader degli Afterhours, ovvero una delle band più importanti del rock italiano degli ultimi 20 anni. Ma è anche, da tempo, uno dei pochissimi musicisti ad impegnarsi attivamente perché la scena alternative italiana conquisti una meritata visibilità, perché si arrivi all’abbattimento dei vincoli burocratici che rendono difficilissimo organizzare musica live nel nostro paese, perché si arrivi al riconoscimento dei giusti diritti e di un’equa retribuzione per gli operatori dello spettacolo e delle arti performative.

Non è un caso che Manuel Agnelli fosse l’unico musicista invitato a partecipare a questo panel. E la nostra conversazione con lui si è aperta con una domanda sulle critiche radicali, forse addirituttra pregiudiziali, che si concentrano sulla SIAE.

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Manuel Agnelli alla postazione di Radiopop al Medimex (foto di Niccolò Vecchia)

Cosa c’è di vero in quel che di male si dice e pensa e pensa di SIAE?
Non so se queste critiche siano pregiudiziali, perché loro stessi hanno riconosciuto, coraggiosamente, che nel passato SIAE non è stata gestita nel migliore dei modi, per usare un eufemismo. E questi errori del passato hanno sicuramente garantito a SIAE una pessima immagine. Io credo che oggi stiano agendo in assoluta buona fede, soprattutto Filippo Sugar, cercando di far rivalutare l’azienda. Sia per necessità di immagine, di comunicazione, ma anche per una necessità interna più profonda: un’azienda che ha una pessima immagine non può che andare male.

Ma come si può ricostruire l’immagine di SIAE?
Io credo che siano ancora in tempo, non solo per recuperare la propria immagine, ma per tornare a essere una risorsa per la produzione culturale italiana, perché una SIAE che funzionasse nel modo giusto non produrrebbe solo buone economie, ma pure buoni incentivi, anche a livello organizzativo e burocratico. Io non sono distruttivo, non mi interessa costruire una ghigliottina ed esultare ogni volta che cade una testa. Ne ho visti troppi di sistemi collassare, non ultimo l’IMAIE, e non vorrei che colassasse anche questo. Da professionista penso che SIAE vada recuperata, anche se dopo una profondissima ristrutturazione. Secondo me i segnali che stanno arrivando sono incoraggianti.

Sei sicuro che sia possibile ottenere questo risultato?
Ci devono riuscire, oppure finirà male. Ma significa che finirà male per tutti, nel caso. Io penso che Sugar sia una buona opportunità per il cambiamento: se non ci riesce lui, sono guai. Dobbiamo sperare che ci riesca, perché forse stiamo sottovalutando le possibili conseguenze di un collasso di SIAE: il diritto d’autore diventerebbe davvero di difficilissima gestione. E a me interessa che si tuteli il diritto d’autore. Diciamo anche che SIAE e diritto d’autore sono cose diverse: la SIAE amministra un mio diritto inalienabile, in quanto creativo, dunque c’è da augurarsi che ce la facciano.

E per chi dovremmo augurarcelo?
Non solo per noi autori, ma più in generale per rilanciare tutto il settore produttivo della cultura, che ha bisogno di essere rappresentato e riconoscibile a livello istituzionale. Noi musicisti oggi non siamo rappresentati: così io pago l’ENPALS, il 30% di quello che guadagno, ma non percepirò mai la pensione, perché secondo loro non faccio 149 giorni lavorativi all’anno, in quanto mi vengono riconosciuti solo i concerti come giorni lavorativi. Questo è un furto legalizzato. La SIAE può, deve, diventare protagonista di un processo di ribaltamento di molte di queste storture.

Per ascoltare l’intervista integrale con Manuel Agnelli, registrata al Medimex di Bari, clicca qui sotto!

Manuel Agnelli intervista a Radio Popolare

  • Autore articolo
    Niccolò Vecchia
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