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96 Miles From Bethlehem, l’album del rapper palestinese Belly

Belly

Come abbiamo raccontato nei mesi scorsi ad Esteri, Saint Levant, rapper con origini franco-algerino-serbo-palestinesi e sulla cresta dell’onda, quest’anno ha pubblicato un brano, Deira, che come titolo ha il nome dell’albergo di Gaza costruito dal padre e dove il cantante aveva passato i primi anni della sua infanzia, albergo che è stato distrutto durante l’aggressione israeliana in corso a Gaza; e, come pure abbiamo raccontato ad Esteri, Macklemore, rapper anche lui di successo, statunitense, bianco e senza origini palestinesi, ha pubblicato Hind’s Hall, un brano in cui denuncia l’appoggio economico e militare statunitense ad Israele nella guerra a Gaza, sostiene le mobilitazioni per la Palestina nelle università americane e sprona l’hip hop ad occuparsi non di scemenze ma di cose serie, come quello che sta succedendo in Medio Oriente. Nessuno però, nell’hip hop o in altri generi, aveva ancora pubblicato un intero album ispirato a quello che sta avvenendo a Gaza: con 96 Miles from Bethlehem, uscito pochi giorni fa, il primo a farlo è adesso Belly, canadese di origini palestinesi, uno dei rapper più importanti espressi dal Canada, paese che in fatto di rap non è certo periferia dell’impero.

Belly si chiama Ahmad Balshe, è nato nel 1984 appunto a 96 miglia da Betlemme, a Jenin, nella martoriata Cisgiordania; a sette anni è arrivato con la famiglia a Ottawa; nel nuovo millennio si è affermato nel rap canadese, poi per qualche anno si è dedicato principalmente all’attività di autore e produttore; poi nel 2015 è tornato a proporsi in prima persona come rapper; all’attivo ha anche la collaborazione ad una canzone di Beyoncé. A proposito di Hind’s Hall, c’è stato chi si è domandato se con il brano di Macklemore non stesse risorgendo la canzone di protesta: di fronte a 96 Miles from Bethlehem ci si può chiedere se la guerra a Gaza non stia facendo riemergere – per usare delle espressioni di una volta – un’arte “militante”, “impegnata”.

È interessante anche notare che un album come 96 Miles from Bethlehem è pubblicato dalla branca araba della Universal, una major: Belly pubblica infatti con la Universal Arabic Music; anche Saint Levant, che compare come guest in un brano dell’album di Belly, quest’anno ha firmato con Universal Arabic Music. Il massacro che sta avvenendo sotto i nostri occhi a Gaza ha superato ogni limite di tollerabilità e le proteste a livello internazionale fanno ormai massa critica, dunque la branca di una major non può fare finta di niente se si rivolge ad un pubblico arabo, deve rispondere ad un’esigenza; ma il fatto che un rapper canadese come Belly e uno con molte appartenenze come Saint Levant pubblichino con Universal Arabic Music ci ricorda che nel nostro mondo anche musicalmente globalizzato la loro musica non viene certo ascoltata solo nel mondo arabo e nella diaspora, il che peraltro già non sarebbe poco. Dunque qualsiasi ragazzino del pianeta, frugando sulle piattaforme o su YouTube, potrà imbattersi in questo dolente lavoro di Belly, un album di grande gusto e contegno musicale, forte e secco nei testi, e potrà riflettere su strofe come queste: “Immagina di svegliarti con uccelli di metallo che nascondono la luce del sole; tutti intrappolati adesso, nuvole nere hanno fatto venire notte”.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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