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290.000 gilets gialli contro Macron

gilets jaunes

Sabato scorso è stata la giornata della collera in Francia: quasi 290.000 gilets gialli sono scesi in strada in tutto il Paese per protestare contro il caro vita e l’aumento delle tasse, in particolare quella sui carburanti. La cosiddetta tassa carbone, introdotta nel piano di transizione ecologica nel 2014 ed aumentata da Macron con l’obiettivo di eliminare dal mercato le auto a benzina e diesel entro il 2050.

La protesta ha avuto un successo inedito, considerando che non è stata organizzata da partiti o movimenti sindacali ma che è nata spontaneamente sui social network. Ed è stata molto più seguita nelle città e paesi delle province francesi che a Parigi, dove ci saranno stati in tutto circa 2000 manifestanti. Tra di loro c’è Marion, che ha 22 anni, è una militante della France Insoumise ma non porta simboli:

“Da quello che ho visto è un movimento che non viene dai partiti. Un movimento autorganizzato che lavora sulla società, dove sono i cittadini che decidono come organizzarsi. E quando vediamo che le manifestazioni organizzate da partiti e movimenti politici non funzionano più mi dico che dobbiamo rivedere il nostro modo di agire. E oggi, il semplice fatto di fare corpo comune con il cuore della Francia mi sembrava essenziale. Cosa mi aspetto… non so bene. Ma già il fatto di vedere che è stato un successo in tutta la Francia è una soddisfazione. Quello che mi irrita è che adesso Macron cerca anche di usare l’argomento dell’ecologia ma è solo un pretesto. Io sono un’ecologista e sono d’accordo per tassare di più il carburante ma nel frattempo bisogna proporre alle persone dei mezzi di trasporto alternativi, ad esempio nazionalizzando le ferrovie, ampliando la rete… ma cosi’, solo tassare di più non è possibile. Io vengo da Rouen e in Francia assistiamo a un processo di dissociazione sempre più importante tra luogo di vita e luogo di lavoro, costruiscono i supermercati fuori dalle città e alla fine ci ritroviamo in un modello capitalista in cui le persone sono obbligate, per vivere, o sopravvivere, a prendere l’auto. Quando si sa che in alcuni comuni francesi non ci sono mezzi pubblici dopo le 9 di sera, be’, è normale che a 16 anni si inizi a voler fare la patente perché c’è bisogno di una macchina per gli spostamenti quotidiani. E quindi certo che potremo parlare di tassare il carburante, ma potremo farlo quando le persone avranno delle alternative”.

Morgan, 32 anni, è un colletto bianco in una Piccola media impresa della periferia parigina:

“C’è uno squilibrio nella ripartizione della ricchezza, semplicemente. E nei prelievi fiscali. E quindi ci ritroviamo con ospedali sempre più disastrati, dei servizi pubblici pessimi o inesistenti perché li chiudono. E nel frattempo ci dicono che non ci sono soldi e devono aumentare le tasse e io ne ho piene le scatole. E poi ci sono quegli intrallazzi che conoscono tutti e per cui nessuno fa nulla: Diney, Vinci, eccetera, nessuno di loro paga le tasse e sono le piccole imprese che vanno a fondo. È dura da digerire. Onestamente non avevo aspettative. E devo dire che è tutto un po’ strano. Perché non è organizzato quindi è diverso dalle manifestazioni a cui siamo abituati. È fatto un po’ a casaccio”.

Siamo davanti ad un movimento proteiforme, che ricorda in parte il movimento dei forconi, in parte i 5 stelle del Vaffa day. Insomma, una galassia in cui si ritrova di tutto: dai militanti dell’estrema destra a quelli dell’estrema sinistra ma soprattutto molta gente che di solito non vota nemmeno. Come Betty, 57 anni, di origini italiane: “I gilets gialli non appartengono a nessuno, non c’è nessun partito politico che puo’ dire… Pero’, aundo vengono, come stamani che è venuto uno dell’estrema destra, non è che proprio…” Quindi lo avete mandato via? “Eh, pero’ con la faccia tosta è rimasto, non se n’è andato. IO non sono contro né l’uno né l’altro, non me ne importa niente. Mi ricordo che mi madre mi diceva, quando ero piccolina: chiamo papà chi mi dà da mangiare. Quello che voglio è che non mi tocchino più la mia pensione”.

La Francia rurale e, volendo sintetizzare, la piccola classe media, ha partecipato a posti di blocco e manifestazioni non organizzate, in un’anarchia gioiosa ma anche violenta. La giornata di sabato ha fatto un morto, 400 feriti di cui 14 gravi e si è conclusa con una cinquantina di fermi e alcuni episodi di omofobia e islamofobia. Un centinaio di azioni sono continuate domenica in tutto il paese e anche oggi lunedì, mentre sui social già si invitano tutti i gilets gialli, per la maggior parte lavoratori che non possono permettersi di protestare in settimana, a ritrovarsi sabato prossimo per una grande manifestazione a Parigi, da dove il governo ha per ora confermato che non intende cambiare rotta. Gustave, pensionato dalla periferia nord parigina, lo diceva già sabato:

“Ah be’, non otterremo nulla ma almeno avranno paura. Dovremo continuare, non è il primo colpo che gli farà qualcosa a quel testardo. È uno chiuso, Macron è scemo come una valigia senza maniglia, io di sicuro non ho votato per un cretino simile. Del resto non è che l’abbiano votato in molti, solo il 34% dei francesi ha votato per lui. E gli altri si sono astenuti o hanno votato per un’altra cosa. Nel 2005 abbiamo votato contro l’Europa e Sarkozy ce lo ha messo bene in quel posto, non ha tenuto conto del voto, allora non serve a nulla. La gente, se si manifesta e non ottiene nulla, rischia di esplodere. Sarà violento. Non oggi ma a forza… perché non è che smettono. Continuano a metterci tasse e altro, se ne approfittano”.

Resta da capire se il movimento, tutt’ora senza testa nazionale e portatore di rivendicazioni disparate, riuscirà a reggere e se riuscirà a non farsi cannibalizzare da questa o quest’altra forza politica che guarda con interesse all’evolvere della situazione.

gilets jaunes

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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