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Il cacciatore se n’è andato

E’ morto Michael Cimino, regista controverso e geniale che ha consegnato un capolavoro alla storia del cinema.

Il Cacciatore ha segnato più di una generazione, mostrando l’orrore della guerra in Vietnam. Il film che ha consacrato nel 1978 Micheal Cimino, con 5 Oscar, è un’opera pacifista e angosciante, violenta e poetica, rivoluzionaria nello stile e con i migliori attori del cinema americano: Robert De Niro, John Savage, Christopher Walken, Maryl Streep. L’unico, tra i pochi film di Cimino, di grande successo ma anche criticato per la rappresentazione esplicita della cattiveria inflitta dai Viet-Cong sui ragazzi americani mandati a combattere. In realtà un film denuncia nei confronti degli USA.

Nato nel 1939 a New York, di origine italiane, Cimino ha studiato all’Università di Yale e all’Actor’s Studio. Scrittore, regista, pittore, musicista con una formazione completa, riconoscibile in tutti i suoi film. Il suo cinema è fatto di pochi titoli, soprattutto a causa dell’insuccesso economico di I cancelli del cielo, nel 1980 che non replicò la gloria del film precedente e che portò al fallimento la United Artists.

Un film ingiustamente snobbato dal pubblico americano, che ha subito  il pregiudizio imperante di un film anti americano che, secondo i detrattori, raccontava una pagina della propria storia in chiave negativa. Diventato culto I cancelli del cielo, è stato rimontato e sdoganato dai cinefili delle generazioni successive. Senza restituire la giustizia meritata a Michael Cimino, che si è portato dietro per tutta la vita quel fallimento.

Il debutto alla regia nel 1974 con Clint Eastwood di Una calibro 20 per lo specialista, per cui scrisse l’anno prima Una 44 Magnum per l’Ispettore Callaghan, a due anni dagli inizi come sceneggiatore al fianco di Douglas Trumbull. E poi le altre regie: L’anno del dragone, Il Siciliano su Salvatore Giuliano, Ore contate e Verso il sole, l’ultimo lungometraggio, molto spirituale e mistico, girato nel 1996.

Un personaggio controverso, modificato nel corpo e nello spirito e lasciato in disparte dopo i vari fallimenti. Quando nel 2012 fu premiato alla Carriera al Festival di Venezia, raccontò a proposito del suo isolamento: “Alcune persone pensano che io sia tutto matto. Altri pensano che io sia un drogato e dicono che i 50 mila dollari del mio budget per I cancelli del cielo li ho spesi in cocaina. Dicono anche che sono un alcolizzato. Ma non lo sono, nonostante le voci contrarie. Tutte le cose che la gente pensa di me non sono vere. È per questo che non ho mai voluto rispondere sulla stampa, perché sono accuse ridicole”.

Nel 2015 fu premiato a Locarno con il Pardo d’Onore, dove incontrò il pubblico raccontando se stesso senza vergogna, motivando le scelte, i cambiamenti fisici e raccontando il senso più autentico del suo film più amato nel mondo.

  • Autore articolo
    Barbara Sorrentini
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    Mimmo Franzinelli è uno storico, studioso del fascismo e dell’Italia repubblicana. E’ autore – tra gli altri - di una storia della resistenza e di una storia della repubblica sociale italiana. Il suo ultimo libro si intitola «Matteotti e Mussolini. Vite parallele. Dal socialismo al delitto politico» (Mondadori 2024)). Nel corso della puntata di oggi abbiamo cercato di parlare con Franzinelli di Matteotti e della pista politica che porta al mandante del suo assassinio il 10 giugno 1924, Benito Mussolini. Quali rapporti ci furono tra Matteotti e gli altri protagonisti dell’antifascismo delle origini (Gramsci, Gobetti, Carlo e Nello Rosselli)? Passando all’oggi, Franzinelli risponde sull’antifascimo ai tempi del governo Meloni: che cos’è l’antifascismo oggi? Qual è il rapporto tra antifascismo e democrazia? In conclusione, un avviso alle ascoltatrici/tori: la puntata di oggi di Pubblica è ascoltabile con qualche difficoltà per le ripetute interruzioni del collegamento con Mimmo Franzinelli. Vi chiedo scusa in anticipo.

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