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Tra nuovo nazionalismo e sfiducia nell’Ue

Memos ha ospitato oggi una conversazione tra la giornalista Tana De Zulueta (ex corrispondente in Italia dell’Economist ed ex parlamentare italiana) e l’economista Luca Fantacci (Università Bocconi) sul referendum britannico sull’Unione Europea.

I temi: dal destino incerto di Cameron al rischio dissoluzione della Gran Bretagna, se vince la Brexit; dalle pressioni delle istituzioni finanziarie internazionali (Fmi, Bce) a favore di Londra nella Ue al nuovo nazionalismo che attraversa la Gran Bretagna.

Ecco due passaggi dei ragionamenti fatti dagli ospiti nella trasmissione di oggi.

Luca Fantacci
Luca Fantacci

«Il motivo concreto delle pressioni delle istituzioni finanziarie – ha raccontato il professor Luca Fantacci – è riconducibile al fatto che questa Unione Europea è stata costruita per assecondare degli interessi finanziari. Interessi che si vedrebbero compromessi dall’inversione di un processo che fino a questo momento è stato a senso unico, di sempre maggiore integrazione (…) La risposta alle questioni poste dal referendum dovrebbe venire da un ripensamento complessivo dell’architettura dell’Unione Europea, meno a servizio degli interessi finanziarie e più a servizio degli interessi sociali e politici degli stati membri».

Tana De Zulueta, invece, ha parlato della campagna referendaria e del “nuovo nazionalismo inglese”.

Tana De Zulueta
Tana De Zulueta

«E’ stata la campagna elettorale più sgradevole – ha detto De Zulueta – di cui le persone della mia età si ricordano. E’ stata la più terribile. Non solo per la morte di Jo Cox che pesa terribilmente su questa campagna. L’uomo che l’ha uccisa ha urlato gli stessi slogan di quelli che chiedono il Brexit. In questa campagna referendaria le regole del fair play sono state cestinate. E’ una ferita. Siamo tutti cambiati. Non riconosciamo più il paese, nel mio caso il paese di mia madre e delle mie sorelle. Tutto ciò rimarrà, indipendentemente dall’esito del voto (…) In questa campagna abbiamo visto un nazionalismo che sarebbe sbagliato definire britannico. E’ un nazionalismo inglese, un nuovo nazionalismo. Ai tempi dei miei genitori il nazionalismo era britannico. I cambiamenti costituzionali che sono avvenuti in Gran Bretagna con la nascita di parlamenti autonomi in Scozia, Galles e nell’Ulster, ha lasciato l’84% della popolazione britannica, cioè gli inglesi, senza rappresentanza. Loro, gli inglesi, hanno vissuto in questi ultimi anni un senso di minorità, insieme alle conseguenze della crisi della globalizzazione, dell’immigrazione, del declino industriale. Le grandi città prosperano e sono per l’Europa, mentre le sacche rurali dell’ovest dell’Inghilterra e delle ex zone industriali hanno posto le loro speranze in questa rinascita di essere “liberi”. E’ un voto nostalgico. Ed è nazionalismo inglese, non britannico. Se vince il no, gli altri pezzi della Gran Bretagna (ndr, Scozia Galles e Ulster) potrebbero allontanarsi, se non proprio staccarsi. La questione scozzese potrebbe ripartire con una nuova richiesta di indipendenza; anche la questione irlandese potrebbe riaprirsi».

Ascolta tutta la puntata di Memos

  • Autore articolo
    Raffaele Liguori
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