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La politica hip hop di Smockey

In Le président, ma moto et moi, che apre il suo album Pre’volution, Smockey immagina di portare il presidente Blaise Compaoré a fare un giro in moto per Ouagadougou, capitale del Burkina Faso: il rapper gli fa vedere le aree più povere della città, le scuole che non funzionano, la disoccupazione, la crisi degli alloggi, la frustrazione dei giovani che sfocia in manifestazioni nelle strade; poi a causa di un black out i semafori si fermano e ne nasce un incidente in cui i due rimangono coinvolti; un’ambulanza li porta all’ospedale che si chiama proprio Hôpital National Blaise Compaoré, dove il presidente a cui è intitolato può constatare che manca anche l’ossigeno: tanto la famiglia del primo cittadino non ne ha bisogno, perché per farsi curare prende l’aereo e va in Europa.

Ormai Blaise Compaoré, responsabile nel 1987 del colpo di stato e dell’assassinio che posero fine alla vita e all’esperienza di governo rivoluzionario del capitano Thomas Sankara, non è più presidente del Burkina Faso: dopo ventisette anni alla testa del paese, a furor di popolo è stato costretto dalla rivoluzione dell’ottobre-novembre 2014 ad un’ingloriosa fuga. E oggi su Compaoré – come ha raccontato nel dicembre scorso Raffaele Masto nel nostro sito – pende anche un mandato di arresto internazionale emesso da una corte militare del Burkina Faso per il suo presunto coinvolgimento nella morte di Sankara.

Una parte non piccola nella disfatta di Blaise Compaoré l’ha avuta, e non solo con le sue canzoni, proprio Smockey, all’anagrafe Serge Bambara, nato nel ’71 a Ouagadougou, figlio di un burkinabé e di una francese.

Alla fine degli anni ottanta attratto dalla neonata scena hip hop della capitale burkinabé, poi studi in Francia nei novanta (dove adotta il suo nome d’arte, contrazione di “se moquer”, “prendersi gioco” in francese), quindi all’inizio del nuovo millennio ritorno in patria: a Ouagadougou Smockey mette in piedi uno studio di registrazione (Abazon, in lingua bissa “bisogna fare in fretta”) e una struttura di produzione, con cui comincia a realizzare i suoi album e di cui beneficiano anche altri giovani rapper burkinabé.

Nel giro di pochi anni Smockey si distingue per l’energia delle sue performance, per la riuscita fusione nel suo hip hop di modernità e tradizione, e per la forza dei suoi contenuti. Nel 2004 pubblica l’album Zamana (“il popolo” in bissa); nel corso della campagna presidenziale del 2005 contrappone a Compaoré il provocatorio maxi Votez pour moi (“votate per me”); nel 2007 prende di mira la pratica dei matrimoni forzati col brano Y-yamma; nel 2008 denuncia la brutale repressione dello sciopero degli studenti universitari con A’ balles réelles (“a colpi di arma da fuoco”), inciso assieme ad un musicista reggae, l’amico Sams K Le Jah; nel 2010, mentre si celebrano i cinquant’anni delle indipendenze africane, esce col polemico 50 ans 2 dépendance (che in francese suona come “50 anni di dipendenza”), accompagnato da un sofisticato clip.

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Mentre si afferma sulla scena burkinabé, Smockey stabilisce anche un importante rapporto di collaborazione con il rapper senegalese Didier Awadi, ex Positive Black Soul: uno che di presidenti se ne intende, e che ai presidenti dell’Africa, presidenti veri e propri, o nel sentire popolare presidenti “ad honorem” come Martin Luther King e Malcolm X, nel 2010 dedicherà un album, Présidents d’Afrique, aperto da un emozionante brano costruito intorno ad uno spezzone di discorso di Thomas Sankara, che dice “forse questo ci costerà la vita” e poi “la Patria o la morte”. Smockey è uno dei giovani rapper di vari paesi africani che partecipano al disco, e ha un bel coraggio, nel Burkina dispotico di Blaise Compaoré, a farsi riprendere assieme ad Awadi mentre saluta militarmente e a pugno chiuso sulla tomba di Sankara.

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Il Senegal è certamente di ispirazione per Smokey anche su un altro piano: nel 2011 un collettivo di rapper e giornalisti senegalesi dà vita al movimento Y’en a Marre, ovvero “ne abbiamo abbastanza”, che animerà la protesta contro il presidente Abdoulaye Wade, poi sconfitto alle presidenziali senegalesi del 2012. Nel 2013 Smockey, assieme a Sams K Le Jah, fonda il movimento di ispirazione sankarista Le Balai Citoyen, “la scopa dei cittadini”: quando parla in pubblico Smockey brandisce una scopa, con una allusione anche all’iniziativa di mobilitazioni settimanali per la pulizia delle strade che Sankara aveva lanciato con l’obiettivo dell’educazione del popolo alla responsabilità verso il bene pubblico ma anche con senso della metafora etico-politica.

Nel 2014 Le Balai Citoyen è uno dei motori della mobilitazione popolare che porta alla caduta di Compaoré, e Smockey è una delle figure di riferimento della rivoluzione, non solo un musicista impegnato nella lotta, ma un vero protagonista con un ruolo di leadership. Nel corso del colpo di stato dei militari legati a Compaoré che nel settembre 2015, nell’approssimarsi delle elezioni democratiche previste in ottobre (e poi a causa del putsch rinviate a fine novembre), cercano di riportare indietro le lancette della storia, Smockey è costretto ad entrare in clandestinità, e il suo studio di registrazione viene centrato e distrutto da un proiettile anticarro.

Intanto nel marzo del 2015 Smockey aveva pubblicato un triplo Cd, Pre’volution, gioco di parole fra premonizione, rivoluzione, evoluzione, una raccolta di brani creati da Smockey prima – per lo più due o tre anni – e durante l’insurrezione del 2014: scegliendo come location per la presentazione le rovine del parlamento, assaltato e incendiato dai manifestanti durante la rivolta. Di Pre’volution poi in novembre – appena dopo che il golpe era rientrato – l’etichetta tedesca out / here (da tempo attenta all’hip hop dell’Africa nera) ha messo in circolazione a livello internazionale un florilegio in un solo disco (l’uscita digitale era prevista, simbolicamente, proprio in coincidenza con l’originaria data delle elezioni, l’11 ottobre). Nell’originale a ciascuno dei tre Cd corrisponde un colore: giallo per premonizione, rosso per rivoluzione e verde per evoluzione, i tre colori della bandiera burkinabé.

Oltre a Le président, ma moto et moi, nell’edizione internazionale di Pre’volution si ascoltano brani che hanno raggiunto una grande popolarità in Burkina, o che addirittura sono stati adottati come inni dai rivoltosi.

In una dichiarazione di volontà rivoluzionaria come – titolo che è tutto un programma – On passe à l’attaque, si sente persino l’espressione “borghesia compradora”, una categoria utilizzata da teorici marxisti (per esempio dall’economista egiziano Samir Amin, direttore a Dakar del Forum du Tiers Monde) per indicare le borghesie che nei paesi dominati ricavano la loro ricchezza da un ruolo di intermediazione con gli imperialismi, dunque parassitario, invece di sviluppare l’industria nazionale. Proprio all’impulso alla costruzione di una industria locale indirizzata a prodotti locali dato da Sankara (e subito stoppato da Compaoré) rende omaggio On se développe, che invita i giovani a riprendere questo approccio in modo da ridurre la dipendenza da prodotti importati (nell’ambito del festival Africolor, a fine novembre, Smockey ha partecipato allo spettacolo Sankara arrive, una storia dell’eroe burkinabé che ha preso il titolo dal nome dato dai funzionari ai vestiti tradizionali made in Burkina imposti da Sankara, con frequenti controlli, al posto degli abiti e delle cravatte occidentali).

Dossier Zongo, un brano a ritmo di reggae che è stato intonato dagli insorti del 2014, si riferisce invece all’assassinio del giornalista Norbert Zongo, uno dei famigerati crimini del regime di Compaoré: “pagheranno”, prometteva la canzone. Operation Mana Mana è un inno alla militanza e alla scopa del Balai Citoyen. Infine, in Combattants oubliés, dedicato ai soldati che combatterono per la Francia (e la libertà dell’Europa) e che la Francia dimentica, compare – in una sorta di passaggio di testimone tra generazioni – un grande vecchio della musica burkinabé mancato nel 2014, Amadou Balaké (vedi il nostro precedente post)

Sarà interessante adesso seguire le mosse musicali e politiche di Smockey nella nuova, e anche opaca, situazione politica che si è aperta in Burkina il 29 novembre con l’elezione a capo dello stato di Roch Marc Kaboré, che aveva rotto con Compaoré nel 2014, ma dopo essere stato ai vertici del Cdp, il partito del presidente deposto.

Qui si può ascoltare la canzone On passe à l’attaque

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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