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    L’Italia e la crisi, tra banche industria e lavoro a dieci anni dall’inizio della Grande Recessione

    A cura di:

    Raffaele Liguori

    La “Grande Recessione” è iniziata dieci anni fa. Tutto cominciò negli Stati Uniti con la crisi dei mutui ad alto rischio, trasformati in titoli spazzatura e venduti a mani basse sui mercati finanziari. Il 19 luglio del 2007 l’allora capo della Fed, la banca centrale americana, Ben Bernanke ammise per la prima volta che la crisi dei subprime avrebbe “chiaramente provocato delle perdite”. Bernanke, durante un’audizione alla commissione bancaria del Senato statunitense, riportò alcune stime di queste perdite: tra i 50 e i 100 miliardi di dollari. Due anni dopo, nel 2009, le stime sui costi della crisi per le banche erano già diventate superiori di oltre 30 volte. A dieci anni di distanza dall’inizio della Grande Recessione negli Stati Uniti, qual è il conto pagato dall’Italia? Memos ha ospitato oggi lo storico Giuseppe Berta e la statistica sociale Linda Laura Sabbadini. A dieci anni da quel luglio del 2007 in Italia si parla ancora di banche. Banche travolte dalla crisi globale, ma anche in diversi casi dalla malagestione clientelare locale. Ieri è stata approvata definitivamente dal parlamento la Commissione d’inchiesta sul sistema bancario italiano. Montepaschi, Etruria, CariFerrara, CariChieti, Banca Marche sono alcune delle banche di cui la commissione dovrà occuparsi. Ma quello delle banche è solo uno degli aspetti della crisi di questi dieci anni. Gli altri riguardano l’industria italiana decimata, il lavoro parcellizzato tra stabili e precari, la società frammentata dalle disuguaglianze. E poi l’espansione, anche a causa della crisi, del potere economico delle organizzazioni mafiose. Proprio oggi ne ha parlato il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti nella sua relazione annuale.

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    Musiche dal mondo è una trasmissione nel solco della lunga consuetudine di Radio Popolare con la world music – da prima che questa discussa espressione entrasse nell’uso internazionale – e in rapporto con World Music Charts Europe. WMCE è una iniziativa a cui Radio Popolare ha aderito e partecipa dall’inizio: una classifica europea realizzata attraverso il sondaggio mensile di animatori di programmi di world music su emittenti pubbliche, aderenti all’Ebu, appunto l’associazione delle emittenti pubbliche europee, ma con qualche eccezione come Radio Popolare, che è una radio privata di ispirazione comunitaria. Nel 1991 l’EBU sondò la Rai, per coinvolgerla in WMCE, ma la Rai snobbò la proposta. Però all’Ebu segnalarono che c’era una radio che sulle musiche del mondo aveva una certa tradizione e che probabilmente avrebbe risposto con interesse… L’Ebu si fece viva con noi, e Radio Popolare aderì entusiasticamente. Ormai quasi trent’anni dopo, WMCE continua e Radio Popolare continua a farne parte, assieme ad emittenti per lo più pubbliche di ventiquattro paesi europei, fra cui la britannica BBC, le francesi Radio Nova e RFI, le tedesche WDR, NDR e RBB, l’austriaca ORF, Radio Nacional de Espana, la russa Echo of Moskow, la croata Radio Student. Attraverso WMCE, Musiche dal mondo riceve annualmente centinaia di novità discografiche inviate dalle etichette o direttamente dagli artisti, dal vintage dell’Africa nera al canto di gola siberiano, dalle fanfare macedoni al tango finlandese: proponendo musica che difficilmente le radio mainstream fanno ascoltare e di cui i media correntemente non si occupano, Musiche dal mondo è una trasmissione per la salvaguardia e lo sviluppo della biodiversità musicale.

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