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Chi è Raffaele Marra

Raffale Marra è un fedelissimo della sindaca Virginia Raggi, che nei mesi scorsi si è scontrata anche con i suoi colleghi di Movimento proprioper difendere Marra. A poche ore dalla sua elezione, Raggi lo presentò come il suo capo di gabinetto, nomina poi bloccata anche a causa della feroce opposizione di una parte delle base gruillina che su Marra aveva letto tante cose, a cominciare dal suo curriculum.

Marra, politicamente, è un uomo che nasce con Gianni Alemanno, che da Ministro lo manda a dirigere l’Unire, un ente che si occupava dell’incremento delle razze equine, guidato da Franco Panzironi altro “alemanniano doc” poi passato all’Ama e poi finito in carcere nell’ambito dell’inchiesta di Mafia Capitale.

Marra è dirigente comunale, passato con incarico fiduciario in Regione Lazio con Renata Polverini, ed anche in Rai con Mauro Masi.

L’incontro con Virginia Raggi è avvenuto al’epoca della consiliatura Marino, quando Raggi, Frongia – l’attuale vicesindaco – e altri due grillini erano all’opposizione del Pd.

In quel contesto è nato un rapporto di fiducia che l’attuale sindaca ha sempre rivendicato con forza almeno fino alla conferenza stampa di oggi, quando travolta dagli eventi giudiziari lo ha definito “uno dei 23 mila dipedenti, non un uomo del Movimento”.

Raffaele Marra, a chi gli ricordava il suo passato “di destra”, si definiva “uno di loro, lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento 5 Stelle”. Ma una parte del Movimento grillino non lo ha mai voluto, a cominciare da Roberta Lombardo, deputata ex esponente del Direttorio voluto da Grillo per affiancare al sindaca di Roma, che lo ha invece definito il “”virus che ha infettato il Movimento” .

Di fatto Marra è sempre restato accanto a Virginia Raggi, che alla fine lo aveva nominato alla guida del Dipartimento risorse umane. Ovvero il dirigente responsabile dei 24 mila dipendenti comunali e dei 40 mila delle partecipate.

  • Autore articolo
    Maria D'Amico
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    Quando le povertà dei padri e delle madri ricadono sui figli e sulle figlie. In Italia il titolo di studio dei genitori condiziona le opportunità di di vita dei minori. La povertà educativa è diventata di fatto ereditaria. Sono gli ultimi dati dell’Istat a raccontare questa ingiustizia. Il 34% dei figli di genitori con un titolo di studio inferiore o uguale alla licenza media vive in condizione di “deprivazione materiale e sociale”. La percentuale crolla al 3% se i genitori sono laureati. L'ereditarietà della povertà educativa è anche un tradimento di un principio fondante della Repubblica. L’articolo 3 della nostra Costituzione, la seconda parte, assegna un compito preciso allo stato, e cioè quello di “rimuovere gli ostacoli” che limitano di fatto l’uguaglianza tra i cittadini. Un compito evidentemente non svolto, vista la permanenza della disuguaglianza. Pubblica ha ospitato oggi la sociologa Chiara Saraceno.

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